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Processo Raggi, la sindaca di Roma assolta dall’accusa di falso

La sindaca di Roma Virginia Raggi. Credit: Andrea Ronchini

La condanna avrebbe potuto portare alle dimissioni della sindaca di Roma e a un nuovo scenario politico per la capitale

Di TPI
Pubblicato il 11 Nov. 2018 alle 09:40 Aggiornato il 13 Nov. 2018 alle 07:23

Processo Raggi – Oggi, 10 novembre, il giudice del tribunale di Roma ha assolto la sindaca di Roma Virginia Raggi, imputata per falso per il caso Marra. Per la prima cittadina, il pm aveva chiesto la condanna a 10 mesi di carcere (qui le ultime notizie).

Alle 11 hanno preso la parola i difensori della sindaca, che hanno chiesto l’assoluzione con formula piena. Poi il giudice Roberto Ranazzi è andato in camera di consiglio per la sentenza, che ha stabilito l’assoluzione.

Dal Movimento Cinque Stelle erano arrivati segnali chiari: in caso di condanna Raggi avrebbe dovuto dimettersi, come previsto dal codice etico del Movimento Cinque Stelle in caso di condanna di primo grado (qui cosa prevede esattamente).

“Per quanto riguarda il sindaco di Roma, io non conosco l’esito del processo ma il nostro codice di comportamento parla chiaro e lo conoscete”, ha detto il vicepremier Luigi Di Maio commentando alla Stampa estera il processo che vedeva imputata la sindaca di Roma Virgina Raggi.

Se condannata, Virginia Raggi avrebbe quindi dovuto dimettersi, ponendo fine al suo mandato alla guida del Campidoglio e aprendo a nuovi scenari politici per la città di Roma.

Raggi sta affrontando un momento non semplice nella sua vita politica. Sabato 27 ottobre si è tenuta la manifestazione “Roma dice Basta”, contro il degrado nella capitale, sulla quale la sindaca ha fatto polemica (qui la risposta di una delle organizzatrici a TPI.it).

Inoltre, l’11 novembre è in programma il referendum Atac, promosso dai Radicali per la liberalizzazione del servizio dei trasporti pubblici.

Ma come siamo arrivati fin qui? TPI.it ripercorre le tappe della vicenda:

Processo Raggi: l’ultima udienza

Venerdì 9 novembre si è tenuta la nuova udienza del processo che vede imputata la sindaca.

Secondo la Procura di Roma Virginia Raggi “mentì alla responsabile dell’Anticorruzione del Campidoglio nel dicembre del 2016” perché se avesse detto che la nomina di Renato Marra era stata gestita dal fratello Raffaele, sarebbe incorsa in un’inchiesta e “in base al codice etico allora vigente negli M5S, avrebbe dovuto dimettersi”, ha detto in aula il procuratore aggiunto Paolo Ielo che ha chiesto alla corte l’acquisizione del codice etico M5S vigente nel 2016.

“Se la sindaca avesse detto la verità e avesse riconosciuto il ruolo di Raffaele Marra nella scelta del fratello – ha spiegato Ielo – l’apertura di un procedimento penale a suo carico sarebbe stata assai probabile. Lei era consapevole che in casi di iscrizione a modello 21 rischiava il posto è per questo mentì. Il codice etico fu modificato nel gennaio del 2017”.

“La deposizione di Carla Raineri a tratti mi è sembrata surreale. In questo processo si parla di un mio presunto falso e per quatto ore abbiamo ascoltato parole simili a gossip. Non ho mai risposto alle interviste rilasciate, a volte mordendomi la lingua, per le cose palesemente false affermate”, ha affermato la sindaca di Roma, Virginia Raggi, nel corso di dichiarazioni spontanee fatte nel corso del processo che la vede indagata per falso per la nomina di Renato Marra.

Processo Raggi: il caso Marra

Il 16 dicembre 2016 Raffaele Marra, capo del personale del Comune e considerato molto vicino alla sindaca, viene arrestato dai carabinieri con l’accusa di corruzione.

Marra è accusato di aver ricevuto una somma dal costruttore Sergio Scarpellini (arrestato a sua volta) tramite l’acquisto scontato di un immobile dell’Enasarco, l’ente di assistenza dei rappresentanti di commercio.

All’epoca dei fatti contestati, Marra era a capo del Dipartimento politiche abitative del comune di Roma, con la giunta di centrodestra guidata da Gianni Alemanno.

Dall’elezione della sindaca a giugno 2016, fino al suo arresto, Raffaele Marra ha un ruolo primario al fianco di Virginia Raggi.

“Sono lo spermatozoo che ha fecondato il Movimento”, dice lui in giro spiegando che “lavora per i 5 Stelle”.

Processo Raggi: la questione delle nomine

A ottobre 2016 Virginia Raggi dispone la rotazione di 40 dirigenti comunali come previsto dalle direttive anti corruzione.

Il 9 novembre succesivo la sindaca firma l’ordinanza in cui assegnava i singoli ruoli: il fratello di Raffaele, Renato Marra, viene promosso dalla Polizia Locale alla guida della Direzione Turismo. La promozione include un aumento di stipendio di 20mila euro.

Questo accade dopo che la sindaca ha sentito gli uffici del Personale, come previsto dalla prassi.

Tuttavia, il codice di comportamento del Campidoglio prescrive all’articolo 10 che: “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni che possano coinvolgere interessi propri, o di suoi parenti e affini entro il secondo grado”.

Il 9 novembre Raffaele Marra, quindi, avrebbe teoricamente dovuto astenersi dal controfirmare la delibera che ricolloca Renato.

La sindaca Raggi, però, si intesta in toto la scelta di ricollocazione di Renato Marra. Difende Raffaele Marra, dicendo che lui non ha avuto alcun potere decisionale sulla nomina del fratello.

Mantiene questa posizione anche di fronte all’Anticorruzione del Comune di Roma. Ma, secondo gli inquirenti, le chat private tra la sindaca e Raffaele Marra dimostrano il contrario.

Un esempio è questa conversazione risalente a novembre 2016, quando Raggi chiede conto a Marra dell’aumento ottenuto dal fratello, ammettendo di non conoscere i dettagli.

Dalla conversazione si capisce chiaramente che l’intera procedura è stata seguita insieme e questo rafforza l’accusa di falso scattata perché la sindaca ha invece sostenuto di aver “fatto tutto da sola”.

Marra: Scaricami! Meglio per te. Così togli le persone dalla tua giugulare.

Raggi: Smettila. Sai bene che avrei subito attacchi. E non mi dici nulla?

Marra: Mi stai dando del disonesto. Non ti ho mai nascosto nulla. Te l’ho detto! Evidentemente non troppe volte! Se lo avessi fatto vicecomandante la fascia era la stessa. È solo a tua tutela che ha fatto un passo indietro. Purtroppo l’onestà non paga.

Raggi: Infatti abbiamo detto vice no. Abbiamo detto che restava dov’era con Adriano.

Processo Raggi: le accuse

Virginia Raggi era imputata per falso in atto pubblico.

Avrebbe mentito nella sua relazione all’Anticorruzione del Comune di Roma riguardo il ruolo di Raffaele Marra nella nomina del fratello Renato.

Per la stessa vicenda l’ex capo del Personale del Comune di Roma Raffaele Marra è imputato per abuso d’ufficio.

Contro la sindaca non ci sono solo le chat private, ma le viene anche chiesto conto della partecipazione di Raffaele Marra alla riunione del 26 ottobre 2016, che portò alla presentazione della candidatura di Renato Marra come direttore Turismo del Campidoglio.

Oltre a Raffaele Marra, alla riunione partecipò l’ex assessore al Commercio, Adriano Meloni, il delegato al Personale della sindaca, Antonio De Santis, e un collaboratore di Meloni.

Su questo punto la sindaca ha risposto : “Nel corso di un interrogatorio che ebbi a gennaio 2017 venni a conoscenza che Marra partecipò o fu convocato in una riunione in cui, con De Santis, Meloni e Leonardo Costanzo, avrebbe suggerito di nominare il fratello a capo della direzione Turismo. Oggi più o meno scriverei la stessa cosa (rispetto a ciò che scrisse nella risposta all’Anac, ndr)”.

Processo Raggi: le tappe

16 dicembre 2016 – Raffaele Marra viene arrestato per corruzione.

24 gennaio 2017 – Virginia Raggi è indagata con la doppia accusa di falso e abuso d’ufficio per la vicenda delle nomine capitoline.

Raggi scrive sui social di aver ricevuto un invito a comparire dalla procura di Roma. “Sono molto serena, ho completa fiducia nella magistratura, come sempre. Siamo pronti a dare ogni chiarimento”, scrive la sindaca.

2 febbraio 2017 – La sindaca viene interrogata dai pm per più di 8 ore. Le chiedono anche della polizza vita stipulata dal dipendente comunale Salvatore Romeo e a lei intestata.

Dopo l’elezione di Raggi, Romeo era stato promosso al vertice della sua segreteria con uno stipendio triplicato (da 39mila a 110 mila euro, cifra poi diminuita a 93mila euro lordi all’anno dopo l’intervento dell’Anac di Raffaele Cantone).

20 giugno 2017 – Si chiudono le indagini sul caso nomine. La prima udienza è il 21 giugno.

28 settembre 2017 – La procura di Roma chiede il rinvio a giudizio della sindaca M5s per l’accusa di falso in atto pubblico. Viene archiviata invece l’accusa di abuso d’ufficio, che riguardava sia la nomina di Renato Marra sia quella di Salvatore Romeo.

9 gennaio 2018 – Marra viene rinviato a giudizio per abuso d’ufficio. Il comune non si costituisce parte civile.

25 ottobre 2018 – Virginia Raggi viene interrogata per tre ore dal procuratore aggiunto Paolo Ielo.

Durante l’interrogatorio ribadisce la sua versione: “Nella nomina di Renato Marra, il fratello Raffaele non ha avuto alcun potere decisionale. Si è limitato ad eseguire una mia direttiva nell’ambito della procedura di interpello per i nuovi dirigenti. Il suo fu un ruolo compilativo”.

Raggi ha anche negato di sapere, all’epoca, che Renato Marra sarebbe andato a guadagnare di più. “Quando l’ho scoperto dai giornali mi sono arrabbiata tantissimo”, ha dichiarato la sindaca.

Processo Raggi: cosa succede in caso di condanna (qui l’articolo completo)

In caso di condanna, Raggi avrebbe rischiato una pena da uno a sei anni.

Inoltre, il regolamento del Movimento Cinque Stelle prevede le dimissioni a seguito di una condanna, anche solo di primo grado.

Inizialmente, le dimissioni erano previste già per la sola l’iscrizione sul registro degli indagati.

La stessa Virginia Raggi con un tweet del 13 settembre 2015 chiedeva ad Orfini di cacciare dai partiti gli indagati e i condannati.

In seguito, sono state introdotte distinzioni per le varie tipologie dei reati.

Da un anno a questa parte, invece, la regola impone le dimissioni in caso di condanna in primo grado.

Ad ogni modo, non era scontato che Raggi si sarebbe dimessa. Avrebbe potuto scegliere di autosospendersi dal Movimento, oppure si sarebbe potuta rimettere la scelta agli iscritti alla piattaforma Rousseau (qui i dettagli sulle varie ipotesi e la posizione delle diverse forze politiche).

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