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Prigioni per i migranti

Secondo molte associazioni i Centri di identificazioni ed espulsione costringono gli immigrati a condizioni disumane

Di Gualtiero Sanfilippo
Pubblicato il 6 Giu. 2013 alle 11:50

In Italia, come in buona parte dell’Europa, esistono i Centri di identificazione ed espulsione. Dovrebbero essere centri utili per l’accoglienza e lo smistamento degli immigrati, ma le condizioni in cui vivono gli ospiti del campo suggeriscono una forte somiglianza con delle vere e proprie prigioni.

Un articolo di Elisabetta Povoledo del New York Times racconta che sono undici in totale le strutture di questo tipo esistenti in Italia, tutte in linea con le direttive dell’Unione Europea. Nel particolare, il Cie di Roma si presenta con alte inferriate che delimitano il perimetro delle aree dove vivono gli immigrati; videocamere ovunque e guardie in tenuta antisommossa. I “detenuti” possono indossare solo ciabatte e non sono permessi oggetti appuntiti all’interno del centro.

Gli immigrati senza un lavoro, senza il permesso di soggiorno o in possesso di documenti scaduti vengono accolti all’interno del campo e possono essere trattenuti fino a 18 mesi, stando alle modifiche nella legislazione italiana nel 2011. Questa sarebbe la causa delle continue fughe.

I Cie vengono duramente criticati da diverse associazioni, molte delle quali inneggiano alla loro chiusura. “Sono luoghi che non hanno alcuna interazione con la società italiana, che è appena a conoscenza della loro esistenza”, ha detto Gabriella Guido, coordinatore nazionale di LasciateCIEntrare.

Accusano il centro di utilizzare misure disumane, inutili e costose. Gli oppositori più estremi affermano che questi centri sono lo specchio delle politiche che equiparano l’immigrazione alla criminalità e che non tengono conto della dimensione multiculturale della società.

Per altri è una scelta obbligata per l’Italia, Paese che affronta una situazione diversa da tutti gli altri Paesi europei, perché di fronte al Nord Africa e comune meta degli immigrati africani. La primavera araba del 2011 ha spinto 62 mila immigrati a raggiungere le coste italiane, mentre l’anno scorso solamente 13.200 persone hanno tentato la traversata.

“In 15 anni – affermano i Medici per i diritti umani, all’interno di una loro relazione – i Cie hanno dimostrato di essere incapaci di garantire dignità”. Stando a quanto riportato nel loro rapporto, sembrerebbe che solo il 50 per cento, ovvero 4.015 dei 7.944 degli immigrati irregolari detenuti nel 2012, sono stati effettivamente espulsi. Inoltre, i Medici per i diritti umani affermano che molti di loro assumono sedativi, farmaci anti-ansia e sono soggetti a forme di autolesionismo.

Ma le critiche non si fermano solamente all’Italia, anche la Spagna è stata criticata per gli alloggi in tende dei migranti, stesse critiche per i Paesi Bassi che accolgono i migranti in case galleggianti.

“Questo dovrebbe essere un campo di accoglienza, non una prigione – dice una donna nigeriana di 24 anni, detenuta a Ponte Galeria, Cie di Roma – Siamo trattati come schiavi, ma io sono un essere umano e voglio la mia libertà!”.

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