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La polizia indaga sui contatti in Italia dell’attentatore di Berlino

Ieri sono state perquisite due abitazioni ad Aprilia e sono stati sequestrati alcuni cellulari. È stato invece rilasciato il tunisino arrestato ieri in Germania

Di TPI
Pubblicato il 29 Dic. 2016 alle 16:07

È stato rilasciato il tunisino di 40 anni arrestato a Berlino mercoledì 28 dicembre perché sospettato di essere un contatto di Anis Amri. Gli investigatori avevano trovato il suo numero di telefono nella rubrica di Amri e per questo avevano deciso di fermarlo.

Lo ha comunicato giovedì 29 dicembre la portavoce della procura generale di Karlsruhe escludendo che l’uomo fosse un complice dell’attentatore di Berlino.

Nel frattempo mercoledì 28 ottobre la polizia italiana ha compiuto due perquisizioni ad Aprilia, in provincia di Latina, e ha sequestrato alcuni telefoni cellulari nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma sull’attentato di Berlino al mercatino di Natale in cui hanno perso la vita 12 persone lo scorso 19 dicembre.

I controlli sono scattati dopo la scoperta di alcuni contatti che Amis Amri ha avuto un anno fa con un connazionale residente nel comune di Aprilia e attualmente detenuto per spaccio di droga a Velletri, vicino Roma.

Dagli accertamenti disposti dal pm Francesco Scavo è emerso anche che Amri nel 2015 è stato ospite in due abitazioni, la prima occupata dalla moglie italiana del detenuto, la seconda abitata da parenti della stessa donna. Gli apparecchi telefonici sono ora oggetto di verifiche per stabilire se ci siano stati contatti con il terrorista tunisino dopo la strage di Berlino.  

Il sospetto degli investigatori è che la destinazione di Amri, prima del conflitto a fuoco in cui è morto a Sesto San Giovanni, fosse proprio l’Agro Pontino, anche se non è chiaro se il jihadista avesse intenzione di restare nella penisola o volesse raggiungere un’altra nazione.

Durante la conferenza stampa tenuta dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni giovedì 29 dicembre, il premier italiano ha sottolineato che Amri è stato molto probabilmente radicalizzato dopo il suo arrivo in Europa nel 2011 e ha chiarito che non c’è nessuna prova che l’uomo disponesse di “particolari connessioni in Italia”.

Il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti nel corso della conferenza stampa ha spiegato che Amri, come molti altri “lupi solitari”, ha sfruttato i collegamenti con la piccola criminalità organizzata per ottenere documenti falsi, armi e supporto logistico: “Da questo punto di vista paesi come Spagna e Italia sono culle per i terroristi”, ha detto Roberti.

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