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G8 Genova, Placanica: “Ho sparato a Carlo Giuliani per paura. Fortuna che ci fu chi mi difese come Salvini”

In un'intervista rilasciata a "Il Tempo", Mario Placanica, il carabiniere poi prosciolto dalle accuse di omicidio per la morte di Carlo Giuliani, racconta il suo 20 luglio 2001

Di Lara Tomasetta
Pubblicato il 20 Lug. 2018 alle 11:22 Aggiornato il 20 Lug. 2018 alle 16:44

“Lo sa perché ho sparato? Perché mi sono visto tutto quel sangue addosso, dopo essere stato colpito in testa con una trave, un tavolone, e ho avuto paura. Ero sicuro che ci avrebbero bruciati in quella macchina. È da allora che ho addosso un continuo tremore. E non sono mai stato risarcito dai no-global. Fortuna che ci fu chi mi difese come Salvini, ma anche Di Pietro”.

A dirlo al “Il Tempo” edizione cartacea, a 17 anni di distanza dal G8 di Genova del 20 luglio 2001, è Mario Placanica, il carabiniere che quel giorno sparò il colpo di pistola che uccise Carlo Giuliani durante gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine.

Per la morte di Carlo Giuliani, Mario Placanica fu indagato per omicidio. Il 5 maggio 2003 il Gip Elena Daloiso prosciolse Placanica per “uso legittimo delle armi”, oltre che per “legittima difesa”, come richiesto dal pm Silvio Franz.

La richiesta di archiviazione si avvalse di una consulenza tecnica della procura secondo la quale Placanica avrebbe sparato in aria ma il proiettile sarebbe rimbalzato su un sasso lanciato contro la camionetta e quindi reindirizzato verso Carlo Giuliani.

“Sparai perché avevo paura; sparai perché temevo che in quella macchina ci saremmo morti”, racconta ancora Mario Placanica che afferma come da quel giorno di 17 anni fa, la sua vita sia radicalmente cambiata.

“Mi trovo in una clinica qui in Calabria, è un periodo in cui mi servono cure. Non lavoro e la giornata a casa non finiva mai. Questo mi ha portato alla depressione. Per fortuna la terapia farmacologica mi aiuta”.

“In vista di questo anniversario mi sono staccato da Facebook e Messanger perché non voglio aver problemi coi soliti disturbatori. Mi arrivano sempre gli stessi messaggi di insulti, mi chiamano bastardo, figlio di puttana, assassino”, spiega Placanica.

Quando il giornalista gli chiede se pensa ancora ai fatti di Genova, Placanica risponde: “Sì, perché se ne parla sempre. Fu un fatto eclatante, che ebbe anche un’eco internazionale. E se ne parla anche qui in clinica. Nessuno sa cosa ho passato in questi anni, non lo auguro a nessuno. Non faccio più nemmeno parte dell’Arma perché mi hanno dichiarato inabile al lavoro”.

“La mia ex mogie mi aveva denunciato per violenza carnale, poi fu assolto il 27 novembre dell’anno scorso”, prosegue Placanica. “Dopo otto anni e mezzo di esaurimento a casa e sul posto di lavoro, sono crollato, mi sono buttato nella droga, ero distrutto.

Mentre sulle violenze compiute dalle forze di polizia alla scuola Diaz e nella Caserma Bolzaneto, Placanica resta vago: “Qulche errore lì ci può essere stato. Di comando, credo. Ma non dimentichiamo che le “divise” ne presero di mazate, perché i no-global avevano premeditato tutto”.

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