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Perché Pillon rischia di dover dare 200mila euro a un’associazione LGBT

Il senatore della Lega Simone Pillon

Il senatore leghista, noto per il disegno di legge sull'affido condiviso, è accusato di aver diffamato un'associazione LGBT: la sentenza è prevista per il prossimo 11 aprile

Di Caterina Coppola
Pubblicato il 6 Feb. 2019 alle 18:15 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 19:54

Il suo nome è ormai legato al disegno di legge sull’affido condiviso, ma il senatore leghista Simone Pillon, avvocato, è noto alla comunità LGBT italiana da diversi anni.

Ex componente del consiglio nazionale del “Forum delle associazioni familiari”, tra i soci fondatori del “Comitato difendiamo i nostri figli”, Pillon è un antiabortista convinto e tra gli ideatori e organizzatori degli ultimi due Family Day, il cui scopo era impedire l’approvazione della legge sulle unioni civili, allora in discussione in Parlamento.

Non è un caso che appena eletto in Senato, Pillon abbia dichiarato che abolire la cosiddetta legge Cirinnà fosse prioritario.

Accanito “no gender”, è proprio grazie alle sue posizioni contro i diritti delle persone LGBT che Pillon si è fatto strada in politica tre le file dell’estremismo cattolico.

Alcune cose dette durante quelle stesse battaglie, però, lo hanno portato in tribunale, dove il prossimo 21 febbraio i suoi avvocati dovranno difenderlo da un’accusa per diffamazione contro il comitato Arcigay Omphalos di Perugia.

I fatti risalgono al 2014, epoca in cui l’offensiva dei cosiddetti movimenti “no-gender” colpiva soprattutto le attività contro il bullismo omofobico e quelle di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, che alcune associazioni portavano nelle scuole con il consenso dei dirigenti scolastici.  Omphalos LGBTI faceva (e fa tutt’ora) anche questo tipo di attività.

Ma in una serie di conferenze pubbliche tenute tra luglio e novembre 2014, il futuro senatore leghista decide di parlare di uno di questi incontri tenuto da Omphalos in un liceo del capoluogo umbro, soprattutto del materiale informativo che l’associazione aveva con sé.

Di queste conferenze esistono dei video. “Cosa hanno insegnato ai ragazzi? – chiede retorico al suo pubblico – Hanno insegnato ai ragazzi a far l’amore”. E poi: “Lei sa come si fa a far l’amore? – chiede ancora – Che serve? Un maschio e…”. “Una donna” suggerisce qualcuno dalla platea. “Lei è un bullo omofobo” risponde ironico l’avvocato.

E mostrando i volantini dell’associazione aggiunge che gli attivisti di Omphalos “hanno insegnato che per fare l’amore servono o due maschi o due femmine”.

Nelle immagini che Pillon fa vedere, effettivamente, ci sono solo una coppia di ragazzi e una di ragazze. Ma la versione completa del materiale è composta da tre pieghevoli, tra cui uno con una coppia eterosessuale, omessa dal relatore.

I pieghevoli, in realtà, non spiegano “come fare l’amore”, ma informano sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili attraverso l’uso corretto del profilattico e del preservativo femminile.

Quello degli studenti di un liceo, per altro, è proprio il target giusto per farlo. I dati dicono infatti che l’età media del primo rapporto sessuale è tra i 16 e i 17 anni. Potete vedere le immagini dei pieghevoli qui di seguito.

Non finisce qui. Pillon prosegue il suo intervento illustrando il contenuto del “lato b” del volantino (che abbiamo già detto essere tre e non uno). L’avvocato racconta al suo pubblico che Omphalos inviterebbe i ragazzi ad andare a fare sesso presso la loro sede.

“Poi abbiamo il welcome group, il gruppo di benvenuto dove vengono accolti i ragazzi tra i 14 e i 19 anni che hanno fatto l’assemblea d’istituto e vogliono provare a fare sesso tra due maschi o tra due femmine e vengono felicemente accolti tra le braccia evidentemente desiderose del gruppo dell’Arcigay di Perugia”.

Il “lato b”, in realtà, è un volantino a parte, il Vademecum, che illustra le attività organizzate da Omphalos nella sua sede. Lo potete vedere qui di seguito.

Pillon ripete le stesse cose in modo pressoché identico in tre diversi incontri: ad Assisi, a San Marino e ad Ascoli Piceno, collegando tutto ad un presunto attacco alla cosiddetta famiglia tradizionale.

Quello di un’unica famiglia possibile, “composta da un uomo e una donna che si vogliono bene” è lo stesso mantra che ripete illustrando oggi il suo ddl sull’affido condiviso.

Tutti e tre gli incontri vengono ripresi in video e pubblicati sul web.

Qui il video dell’incontro di Ascoli Piceno:

Quando gli allora presidenti dell’associazione, Emidio Albertini e Patrizia Stefani, vedono il video di Assisi decidono di querelare l’avvocato per diffamazione.

Albertini e Stefani sottolineano non solo che i tre volantini di cui parla Pillon si occupano di prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili e non di “come si fa l’amore”, ma che essendo l’incontro con i ragazzi sul bullismo, quei volantini non vennero distribuiti: erano a disposizione qualora qualcuno fosse stato interessato all’argomento.

I presidenti accusano anche Pillon di avere mentito riguardo al presunto invito ad incontri sessuali nella sede dell’associazione. La Procura di Perugia accoglie la querela e sequestra il video relativo all’incontro di Assisi pubblicato sul sito www.forumfamigliaumbra.org.

“Sussiste il fumus del delitto contestato – si legge nel decreto di sequestro del video che TPI ha potuto leggere – Ed, invero, il passaggio piuttosto lungo dell’intervento di Simone Pillon ha un contenuto nel complesso offensivo e lesivo della reputazione dell’associazione Omphalos Arcigay-Arcilesbica e di conseguenza dei suoi componenti”.

Secondo il Gip Semeraro, Pillon “ha diffuso notizie non corrispondenti al vero sull’attività di informazione e di prevenzione che svolge l’associazione”. Attività che, sempre stando al gip, “risulta chiaramente da una corretta e non dolosamente distorta lettura dei volantini”.

A marzo del 2016 Pillon viene rinviato a giudizio e a giugno del 2017 il giudice accoglie la costituzione di parte civile di Omphalos e dei suoi presidenti. “Pillon è stato chiamato a rispondere per tutti e tre gli incontri in questione – spiega a TPI Saschia Soli, avvocata di Rete Lenford – avvocatura per i diritti LGBT e legale dell’associazione – tutti dello stesso tenore. E infatti il processo in corso riguarda tutti e tre gli eventi”.

“Il dato importante – continua l’avv. Soli – è che il giudice abbia accettato la costituzione di parte civile non solo dell’associazione, ma anche dei due presidenti, disgiuntamente”.

La richiesta di risarcimento danni è piuttosto cospicua: 100mila euro chiesti da Omphalos e altrettanti da Albertini e Stefani insieme.

“Non si può parlare di critica – spiega la legale a TPI -, perché la critica deve basarsi su dati di verità. E questo non succede: basta guardare i video per vedere la mistificazione delle attività svolte da Omphalos, addirittura accusata di adescare minorenni nelle scuole. Questo scredita il lavoro di una realtà che si batte per l’integrazione delle persone con orientamento sessuale diverso e contro il dilagare di malattie sessualmente trasmissibili”.

“Un’attività sociale – prosegue – a vantaggio anche dei minorenni che spesso non hanno chiare le conseguenze del sesso non protetto. I dati che ho raccolto in alcuni consultori parlano, addirittura, di primi rapporti a 12 anni per le ragazze”.

La prossima udienza, come dicevamo, è prevista per il 21 febbraio, quando il giudice ascolterà alcuni testimoni della difesa. Il giudice Cavedoni, invece, dovrebbe pronunciare la sentenza l’11 aprile 2019.

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