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Il pensionato di 86 anni che cucina per i senzatetto a Roma

Dino Impagliazzo, ex dipendente pubblico in pensione, ogni settimana consegna 800 pasti tra Ostiense e Tuscolana. TPI ha raccontato la sua storia

Di Pamela Schirru
Pubblicato il 7 Dic. 2016 alle 16:25

Dino Impagliazzo ha 86 anni e da dieci anni a Roma attraversa le strade del quartiere Tuscolano che conducono alla stazione Ostiense con il suo furgoncino bianco, dove quattro volte a settimana centinaia di persone lo attendono per l’ora di cena. Una volta giunto a destinazione allestisce il suo piccolo banchetto bianco e comincia la distribuzione: ogni settimana consegna 800 pasti.

È lui a guidare le decine di volontari che in questi anni lo hanno affiancato. È lui a immergere il mestolo nelle zuppe fumanti contenute in gigantesche pentole e a riempire i piatti di plastica. Lo conoscono tutti. 

Quando arrivo nella sede della sua associazione RomAmor Onuls – un piccolo spazio ricavato dietro la parrocchia del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, in via Narni – Dino mi accoglie con un sorriso e mi dice di andare a pulire i mandarini per la macedonia, che sarà consegnata di lì a poche ore. Mi colpisce la sua grinta, nonostante l’età.

Mi integro subito con il gruppo dei volontari. Tra loro ci sono anche alcuni ragazzi che Dino ha aiutato negli anni e che ricambiano la sua benevolenza offrendosi come cuochi e aiutanti. Incontro Aruna un ragazzone alto più di un metro e novanta, arrivato in Italia dal Gambia da poche settimane. È alla ricerca di un lavoro e nel frattempo si offre come volontario. Mi dà una mano con la frutta. 

Poi incrocio lo sguardo di un ragazzo che sta in disparte. Si chiama Giampiero, è un “ragazzo di strada”, come lui stesso si definisce. Ci è finito due anni fa, dopo aver perso il lavoro, la casa e la famiglia. È lo chef e per l’occasione indossa un grembiule dei Simpson, un famoso cartone animato statunitense. Gli domando cosa prevede il menù e mi spiega che decide in base a quello che arriva. 

Gli aiuti alimentari sono forniti in prevalenza dal Banco Alimentare e grazie al supporto di supermercati come il Todis, pizzerie e ristoranti della zona che a fine serata consegnano ciò che rimane. “Così noi ricicliamo ciò che gli altri sprecano”, mi dice Veronica, una volontaria responsabile della consegna dei vestiti. 

A tutto il resto ci pensa Dino. Ogni giorno, alle sei del mattino, a bordo della sua Fiat Punto grigia, fa il giro dei mercati ortofrutticoli, raccogliendo la verdura scartata: patate, cavolfiori, verze, zucchine e melanzane. Lo stesso fa la sera appena cala il buio, quando passa a ritirare gli avanzi dei ristoratori circostanti. 

Ex dipendente pubblico in pensione, Dino ha dedicato tutta la sua vita ad aiutare il prossimo. Tutto è cominciato nel 1989, anno del crollo del muro di Berlino. Fu uno dei primi a spedire aiuti alimentari all’interno di un autotreno nella Germania est. Nello stesso anno proseguì la sua missione in Romania, dopo la caduta del dittatore Nicolae Ceaușescu. Con un furgoncino attraversava i confini una volta al mese, per due anni consecutivi, portando cibo e vestiti alle famiglie più povere. 

A Roma Dino ha iniziato la sua missione nel marzo del 2007, con venti panini e qualche piatto di pasta preparato dalla moglie nella cucina di casa. Si recava da solo alla stazione Tuscolana e faceva la distribuzione. Poi il numero dei panini è aumentato, come i piatti di pasta. Oggi, con il supporto di una rete di volontari, Dino offre un pasto completo ai senzatetto: primo, secondo, frutta, tè e anche dolci, quando ci sono. 

Lo fa senza un sostengo economico da parte delle istituzioni. Tutto il cibo che raccoglie arriva quasi esclusivamente dai supermercati che forniscono prodotti a breve scadenza come pasta, riso e altri beni alimentari non deperibili. Poi ci sono le attività commerciali di quartiere, che ormai conoscono Dino e lo supportano nel suo impegno sociale. 

“Ho preso contatti con tutti i fornai del quartiere e la sera passo a ritirare il pane non venduto, che serve per il giorno dopo”, racconta Dino con orgoglio. “Altrettanto faccio con i mercati rionali che mi forniscono la frutta e la verdura. Prima facevo tutto da solo, ora ho l’aiuto di qualche volontario”.

Attualmente sono oltre 350 i volontari che collaborano a questa iniziativa.

“Quando abbiamo iniziato, le persone che incontravo erano un po’ diffidenti: pensavano che facessi una certa cosa per un qualche interesse e che fossi pagato”, spiega ancora il pensionato. “Poi si sono rese conto della gratuità della nostra attività e adesso ci vogliono proprio bene. Se c’è qualcuno tra i nuovi arrivati che è un po’ sgarbato, viene subito ripreso perché non permetto che ci trattino male. C’è ormai questa sorta di affetto e di familiarità reciproca”. 

Alle otto e quarantacinque di sera il furgoncino bianco arriva alla stazione Ostiense: i suoi ragazzi di strada lo attendono nel piazzale degli autobus. Seduti ordinatamente sul muretto, attendono il loro turno. Ci sono italiani, rumeni, algerini, iraniani, afghani, eritrei e somali. Una volta finita la distribuzione si raccolgono i piatti e i bicchieri di plastica. Anche quelli sono a spese di Dino.

“Spendo circa trecento euro al mese in piatti, bicchieri e posate di plastica”, mi dice Dino. “Lo continuo a fare, ma non escludo che mi farebbe piacere ricevere qualche donazione. Siamo riusciti a ottenere tutta l’attrezzatura necessaria, dal forno ai fornelli fino al bollitore professionale, e questo lo abbiamo avuto attraverso donazioni private”. 

“Siamo una grande famiglia. Questa è la mia famiglia”, spiega il pensionato. “Saremo in piazza con i nostri ragazzi anche durante le feste di Natale”. La distribuzione del cibo avviene 365 giorni l’anno, non si ferma mai, nemmeno nei festivi e nel periodo estivo. 

Tuttavia, l’impegno sociale di Dino Impagliazzo non si ferma al piazzale della stazione Ostiense e nemmeno alle strade periferiche della Tuscolana. Da qualche anno, sempre con la sua associazione, gestisce una struttura di accoglienza a Rocca Priora, nei Castelli Romani, per persone fuggite dagli orrori della guerra.

“Attualmente ospitiamo quattro famiglie nigeriane scappate da Boko Haram”, racconta Dino. “Pensa che tre mesi fa abbiamo condiviso la gioia di una nascita: è arrivato Vittorio, un bimbo nato da una delle nostre ospiti. Siamo alla ricerca di altri spazi per l’ospitalità, speriamo che qualcuno che ne abbia la possibilità possa metterli a disposizione per la nostra causa”. 

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