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“I posti di lavoro non si creano lamentandosi, ma dandosi da fare”: parla Farinetti di Eataly

Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, spiega a TPI la filosofia della sua catena di store enogastronomici e come si può risollevare l'economia italiana

Di Lara Tomasetta
Pubblicato il 5 Mag. 2017 alle 13:15 Aggiornato il 13 Gen. 2018 alle 18:56

“C’è chi perde tempo a far polemiche e c’è chi lavora. Quando abbiamo iniziato nel 2007 ci siamo posti l’obiettivo di creare il maggior numero di posti di lavoro. Oggi Eataly ha 6mila dipendenti nel mondo, di cui la metà in Italia”.

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Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, la nota catena di punti vendita delle eccellenze enogastronomiche italiane, risponde alle domande di TPI, anche in merito alle ultime polemiche sul mondo dei lavoro e sui turni festivi imposti dalle catene della grande distribuzione.

“Oltre a questo numero di lavoratori, bisogna calcolare l’indotto che gravita intorno ai nostri negozi: ci sono molte più persone che lavorano puntando alla qualità”, spiga Farinetti a TPI. “Producendo prodotti di alta qualità si pagano meglio i contadini e gli allevatori. Il futuro del nostro paese è esportare le nostre vocazioni e le nostre eccellenze, per risollevare l’economia italiana”.

Farinetti ha una risposta chiara alle critiche del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio ai turni di lavoro nei festivi.

“Eataly è orgogliosa di dire che in questi anni ha generato posti di lavoro, che non si creano per decreto legge e lamentandosi, ma lavorando e dandosi da fare”, spiega il fondatore di Eataly. “Le polemiche sono frutto di bugie e di stupidaggini diffuse da certa stampa. Questa è un po’ la cifra del nostro paese: lamentele, polemiche, presunzione di disonestà collettiva. Anche nella vita privata, chi si lamenta troppo non ha il tempo per operare e far bene. Compito della politica è creare scenari utili che invoglino gli imprenditori a investire”.

Con un fatturato di 390 milioni di euro annui e megastore presenti in Giappone, Stati Uniti, Brasile, Qatar, Arabia Saudita e molti altri paesi in tutta Europa, Eataly rappresenta il colosso della ristorazione d’eccellenza made in Italy.

Ma la catena non intende arrestare la sua ascesa e guarda sempre a nuovi mercati. L’ultimo traguardo raggiunto è l’apertura di un polo gastronomico nel cuore di Mosca, in Russia, dove la scritta di Eataly campeggia a caratteri cubitali sopra l’ingresso a quattro colonne del centro commerciale di Kievskij, sede della fermata ferroviaria poco distante dalla piazza Rossa.

Il traguardo è stato raggiunto aggirando il problema dell’embargo, grazie alla collaborazione con gruppo in franchising russo che si occupa di ristorazione.

“L’inaugurazione ufficiale è prevista per il 25 maggio: lo store ha aperto in sordina per fare alcune prove. Si tratta di un luogo molto grande. Quella stazione ferroviaria ogni giorno sforna milioni di persone: il negozio è localizzato in un posto strategico”, prosegue Farinetti. “La filosofia di Eataly è quella di aprire all’estero e esportare le grandi eccellenze italiane. Non esportiamo le materie che possono essere trovate in loco. Possono mettere tutti i muri che vogliono ma non riusciranno a fermare il saper-fare italiano”.

Ma l’espansione non riguarda solo l’estero. Anche in Italia sono previste nuove aperture. Come a Verona, dove è stato recuperato un immobile abbandonato, Frigorifero 1930, un vecchio stabilimento del ghiaccio della città rivisitato dall’archistar Mario Botta. Qui sarà allestito un nuovo store di 12mila metri quadrati.

“Trovo stupido costruire nuovi edifici quando si possono restaurare immobili vecchi. La nostra filosofia è recuperare le strutture come abbiamo fatto a Torino, a Genova, a Bologna a Roma”, spiega Farinetti.

Eataly è anche l’unico finanziatore del restauro dell’Ultima cena, la celebre opera di Leonardo da Vinci. Per l’intervento saranno stanziati circa 500mila euro in due anni, per un totale di un milione di euro.

“L’Ultima Cena è un’opera fragile che in cinque secoli di vita ha avuto tanti restauri. Ma questo è il primo restauro ambientale che garantirà all’opera altri cinque secoli di vita e per altri 500”, conclude il fondatore di Eataly. “Generazioni di italiani prima di noi invece di lamentarsi hanno fatto grandi opere e grazie a loro ci ritroviamo un patrimonio artistico immenso, ma il paese da solo non riesce a gestirlo. Agli imprenditori virtuosi che hanno avuto la fortuna di nascere in Italia è dato il compito di dare una mano al proprio paese”.

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