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L’insegnamento di don Roberto che non dimenticheremo mai | VIDEO

Di Daniele Nalbone
Pubblicato il 19 Feb. 2019 alle 14:34 Aggiornato il 19 Feb. 2019 alle 14:38
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È morto stanotte a Roma all’età di 83 anni Don Roberto Sardelli. 

Sacerdote. Maestro. Scrittore. Fin da giovane si è battuto per quello che ha chiamato il “riscatto esistenziale e morale” dei baraccati di Roma.

Formatosi seguendo la pedagogia di Don Lorenzo Milani, è stato ordinato sacerdote all’età di trent’anni, nel 1965. Tre anni più tardi, dopo aver soggiornato a Lione, in Francia, per seguire da vicino l’esperienza dei “preti operai”, arrivò a Roma.

Nella Capitale rifiutò diversi incarichi che potremmo definire “di prestigio” per una futura carriera ecclesiastica optando per un incarico presso la parrocchia di S.Policarpo, in quella che al tempo era l’estrema periferia di Roma.

Lì entrò in contatto con i baraccati dell’Acquedotto Felice, dove si trasferì nel 1968. Ed è lì che fondo la famosa Scuola 725, dal numero della baracca che la ospitava.

Durante dieci mesi in cui, ogni giorno, faceva leggere e commentare ai ragazzi una notizia dai giornali lavorò con la sua scuola alla “Lettera al sindaco” e al libro “Non tacere”.

Un lavoro che suscitò un vero e proprio scandalo nella città di Roma, tanto che la Rai dedicò alla Scuola 725 un servizio giornalistico che chiamò direttamente in causa il primo cittadino, il democristiano Rinaldo Santini.

Ed è con lo stesso tono, gli “ultimi della città” che prendono la penna e scrivo al sindaco di Roma, che replicò il lavoro anni dopo, chiamando stavolta in causa Walter Veltroni con un testo dal titolo “Per continuare a non tacere”.

Perché, per don Roberto, “la politica è l’unico mezzo umano per liberarci. I padroni lo sanno bene e cercano di addormentarci. Ci portano il vino, la televisione e i giradischi, macchine e altri generi di oppio. Noi compriamo e consumiamo. Serviamo ad aumentare la ricchezza padronale e a distruggere la nostra intelligenza”.

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