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La Cassazione dà ragione a Mimmo Lucano. E ora, chi gli chiederà scusa?

Credit: Matteo Nardone/ Ansa
Di Giulio Cavalli
Pubblicato il 3 Apr. 2019 alle 12:42 Aggiornato il 3 Apr. 2019 alle 13:27

La Cassazione non ha dubbi: sulla veridicità dell’accusa di turbativa delle procedure di gara per l’assegnazione del servizio di raccolta e trasporto di rifiuti nel comune di Riace non sono emersi indizi.

Per questo Mimmo Lucano, ora può tranquillamente tornare a casa dopo la decisione della Cassazione di annullare con rinvio il divieto di dimora a Riace nei confronti di Mimmo Lucano, disposto il 16 ottobre dell’anno scorso dal tribunale di Reggio Calabria.

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Nelle motivazioni depositate ieri si legge infatti che “la legge consente l’affidamento diretto di appalti in favore di cooperativa sociali finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione che “gli mi importi del servizio siano inferiori alla soglia comunitaria”.

E, guarda un po’, è esattamente quello che Mimmo Lucano ha fatto a Riace. Ma non è finita qui: secondo la Cassazione anche l’accusa dei matrimoni di comodo “poggia su base incerte”.

Ora che il suo ritorno a casa sembra più vicino bisognerà vedere come andrà invece l’altro procedimento (iniziato lunedì scorso a Locri) in cui c’è già stata l’udienza preliminare e che dovrà decidere l’eventuale rinvio a giudizio.

È certo che le parole della Cassazione avranno un peso non differente per quello che è stato dipinto come l’esempio più alto degli amici dei clandestini a partire dal ministro Matteo Salvini (ma non solo lui, ve ne sono molti anche tra i pentastellati) che non hanno usato parole morbide e nessun garantismo per festeggiare quello che secondo loro era un arricchito dall’immigrazione.

Chissà che effetto gli fa leggere che la Cassazione sottolinei come a Riace, che è un borgo arrampicato fatto di vicoli stretti e case altissime, era stato deciso di ricorrere “alla modalità dell’asinello porta a porta per la raccolta dei rifiuti urbani”.

Chissà cosa ne pensano della parte in cui si dice che “il generico riferimento alla presenza di interferenze od opacità”, sono “contraddittorie” e “illogicamente formulate” le argomentazioni a sostegno della presunta irregolarità dell’appalto, è “apoditticamente evocata la presunta malafede di Lucano nell’assegnazione del servizio”.

Per farla breve: dice la Cassazione che Mimmo Lucano non si è messo in tasca un euro e non ha favorito nessuno, come da tempo lui stesso sostiene insieme ai suoi sostenitori. Però una domanda sorge spontanea: chi chiederà scusa a Mimmo Lucano?

Quanto sono pesate le accuse del segretario di un partito che piuttosto si è intascato 49 milioni di euro di soldi pubblici mentre qui stiamo discutendo di asini e di disperati? Chi risarcirà il danno per un modello di cittadinanza e di integrazioni che era invidiato in tutto il mondo e ora è stato distrutto? A voi le risposte.

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