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Esiste in Italia un uomo che rinuncia alla prescrizione: il suo gesto suona come una rivoluzione

Mauro Moretti, ex amministratore delegato di Fs. Credit: ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Che in Italia ci sia qualcuno che non scappa dal processo ma decida di difendersi nel processo forse è la dimostrazione che un pezzo di classe dirigente di questo Paese ha una levatura morale che gli andrebbe riconosciuta. Il commento di Giulio Cavalli

Di Giulio Cavalli
Pubblicato il 12 Feb. 2019 alle 14:23 Aggiornato il 18 Apr. 2019 alle 09:29

Diciamolo subito, non c’è nulla di eroico, eppure fa rumore la rinuncia alla prescrizione con cui Mauro Moretti, ex amministratore delegato di Rfi e Fs, ha deciso di continuare ad affrontare il processo che lo vede imputato per la strage di Viareggio che nel 2009 provocò 32 morti.

“Sono parecchi anni che se ne discute e sono stato spesso portato a bersaglio, sulla prescrizione, per i fatti di Viareggio. Rinuncio alla prescrizione, lo faccio per rispetto delle vittime, dei familiari delle vittime e del loro dolore. Lo faccio perché ritengo di essere innocente”, ha detto Mauro Moretti al processo di appello a Firenze, parlando in udienza davanti alla corte.

Il manager in primo grado è stato condannato a 7 anni di carcere per disastro ferroviario, incendio colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali.

Se Moretti risulterà colpevole saranno i gradi processuali a stabilirlo ma che in Italia ci sia qualcuno che non scappa dal processo ma decida di difendersi nel processo forse è la dimostrazione che un pezzo di classe dirigente di questo Paese, anche di quel pezzo bene o male legato indirettamente alla politica, ha una levatura morale che gli andrebbe riconosciuta.

Ripeto: non è un’assoluzione morale, per niente, ma fa sorridere scorrere le invocazioni di impunità parlamentari (tra l’altro proprio da quelli che poi invocano la riforma della prescrizione) di fronte a un uomo che in carcere invece rischia di andarci davvero.

E la rinuncia alla prescrizione pone anche un’ulteriore domanda? Ma siamo sicuri di volere buttare via tutto ciò che è stato, come se fosse solo un accumulo di vecchiaia e di colpevolezza stabilita a priori?

Non è solo questione di garantismo giuridico (basterebbe ascoltare una sola delle strazianti storie dei famigliari dei morti di Viareggio per rendersi conto dell’orrore che si è consumato), ma si tratta soprattutto di una riconoscenza alle azioni di ognuno che ormai sembrano non avere più valore.

Non fa rumore che Salvini non voglia farsi processare sul caso della Diciotti, non fanno più rumore i sconcertanti fatti emersi durante il processo sulla trattativa Stato-Mafia, non fa più rumore il fatto che Berlusconi abbia pagato senatori per fare cadere governi precedenti e abbia pagato ragazze per testimoniare il falso, non fa più rumore che siano spariti 49 milioni di euro dalle casse del primo partito d’Italia, non fa più rumore niente. Niente.

E così anche un presunto condannabile che decide di accettare il giudizio della Giustizia diventa una notizia su cui non ci si ferma nemmeno un secondo a riflettere: eppure, da imputato, chi tra questi ha più dignità? L’unico augurio che possiamo farci è che quelle 32 vittime abbiano giustizia, una giustizia possibilmente giusta, ma rinunciare alla prescrizione di questi tempi ci riporta all’idea di uno Stato di Diritto di cui ci sarebbe molto bisogno. Sicuro.

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