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Martina Caruso è la migliore chef donna per la Michelin: “Non rinuncio al legame con Salina, la mia isola”

Ventinove anni, aveva già vinto una stella Michelin. Il suo ristorante, Signum, è a Salina, isole delle Eolie

Di Giovanni Macchi
Pubblicato il 5 Mar. 2019 alle 12:16 Aggiornato il 6 Mar. 2019 alle 12:02

La prima stella Michelin l’ha vinta a 26 anni. Ora che ne ha compiuti 29 Martina Caruso è stata nominata dalla Michelin “Chef Donna” dell’anno. La Rossa continua a scovare l’Italia più nascosta e segreta: prima della sicula, a essere premiata era stata Caterina Ceraudo: il suo locale di famiglia si nasconde a Strongoli, sulle colline calabresi. Poi era stata la volta di Fabrizia Meroi, chef del ristorante Laite di Sappada, piccolo comune montano tra Friuli e Veneto.

Invece, Martina Caruso affonda la radici culinarie a Salina, l’isoletta delle Eolie, ventisette chilometri quadrati quasi irraggiungibili. Il riconoscimento, sponsorizzato da Veuve Clicquot, ha voluto premiare il ristorante Signum per la sua “cucina strutturata però fresca e originale” e per “la determinazione nel voler rappresentare la sua isola raggiante”.

È la stessa Caruso a rimarcare il legame con la terra, fatto di cibo e di mare: “se di tocco femminile dobbiamo parlare, allora, per me sta in quel fortissimo cordone ombelicale che mi lega alla mia isola. In questi mesi di chiusura stagionale sto approfondendo la raccolta delle erbe spontanee locali, che i clienti ritroveranno nel menù ad aprile, quando riapriamo. Io senza il mare di Salina non so stare: nemmeno la mia cucina potrebbe esistere senza i prodotti delle Eolie”.

Sulle donne in cucina, ritirando il premio la chef ha dichiarato: “Credo che non ci siano differenze di genere nel mestiere del cuoco, ognuno mette nel piatto la sua creatività. Ma di certo sono le donne, cuoche di casa, a ispirare spesso anche gli chef uomini. Le mamme, le nonne, sono un patrimonio di saperi che mi fa dire ‘viva le donne’ in cucina. Nel mio caso le cose sono andate diversamente: ho imparato a cucinare da mio papà ed è sempre da lui che ho preso in mano le redini del ristorante”.

Ha sempre saputo che la cucina sarebbe stata la sua strada, un percorso che ora sempre più donne stanno intraprendendo. Martina è a capo di una brigata di dieci persone, tra cui suo fratello minore che si occupa di una cantina con oltre mille etichette. Per le donne, dice, le cose stanno cambiando: “Nella mia brigata l’estate scorsa le ragazze erano sei su dieci. Due anni fa non era così.”.

“Credo che oggi sempre più giovani donne siano determinate a fare questo lavoro ma certo non è semplice: io sono cresciuta in un ristorante — e hotel — di famiglia, ho sempre avuto un aiuto. Mi rendo conto che chi non ha questa fortuna deve mettersi in gioco ancora di più. Ma l’importante è che si parli delle donne chef, che si raccontino storie come la mia e quella delle altre colleghe dell’Atelier per dimostrare che è possibile arrivare in alto”.

Martina Caruso entra ora a fare parte dell’Atelier des Grandes Dames, un circolo di 16 chef in cui compaiono i nomi anche Antonia Klugmann e Isa Mazzocchi.

Il circolo ha il compito di incontrarsi e fare rete, creando collaborazioni per discutere del nuovo ruolo delle donne nel settore culinario. Il premio vuole ricordare lo spirito della fondatrice Barbe-Nicole Ponsardin che, rimasta vedova, nell’Ottocento contro ogni tradizione prese in mano le redini dell’azienda produttrice di champagne e portò il marchio al successo internazionale.

Un ritmo che si è accelerato. “Nel mondo 169 ristoranti stellati sono guidati da donne, di questi 41 sono in Italia che è il primo paese al mondo per ristoranti a guida femminile”, ha sottolineato Marco Do, capo comunicazione di Michelin Italia.

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