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Ho visto la morte in mare, ora sogno l’Europa

Lo scrittore Erri De Luca ha tradotto una lettera lasciata da Moussa, un migrante arrivato dalla Libia, dopo essere stato salvato da una nave di Medici Senza Frontiere

Di TPI
Pubblicato il 27 Apr. 2017 alle 11:31

Sulla nave Prudence di Medici Senza Frontiere c’è una buca per lettere. Se qualcuno degli ospiti recuperati dai gommoni lo desidera, può lasciare un messaggio. Viene distribuita carta e penna. Prima hanno ricevuto uno zainetto con una tuta, un asciugamano, barrette ultra energetiche, succhi di frutta, acqua.

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Leggo la posta lasciata. Alcuni scrivono il loro nome, senza paese, età, soltanto il nome, forse per affermare di essere persone.

Qualcuno scrive ringraziamenti e benedizioni ai salvatori.

Qui di seguito riporto la lettera di uno che ha voluto scrivere qualcosa di sé. La traduco dal francese.

“Sono Moussa Balo Taourí, di Liberia, ma sono cresciuto in Guinea Conakry. Sono venuto su un battello. Mio padre è stato ucciso nel 2004 in Liberia. Nel 2012 mio fratello è andato a vedere che ne era della nostra famiglia, ma sono stati tutti uccisi. È stato a causa della guerra. Noi siamo ‘malince’ i musulmani di Liberia. È un gruppo sempre perseguitato. Per questo mio padre è stato ucciso. Mia madre si è suicidata.

Sono partito nel 2015 per andare in Libia. Sono stato messo in prigione per un anno e due mesi. Si stava in un sotterraneo, duecento persone. In prigione si vive da animali, siamo picchiati. Si mangia dove si fanno i bisogni. Ci veniva dato un pezzo di pane qualche volta nella settimana. Sono riuscito a fuggire e arrivare a Tripoli. Ho lavorato sei mesi da operaio e con quel po’ di soldi risparmiati sono riuscito a imbarcarmi. Non so nuotare, ho avuto paura. Ieri quando vi ho visto dal battello, ho pensato che non sarei più morto. Ora domando protezione per vivere da uomo libero in Europa”.

Mi sono permesso di non tradurre tutto. L’uomo che ha scritto queste righe è tra quelli che ho visto salire a bordo da una scala di corda, scalzo come tutti gli altri. Sbarcato a terra gli hanno preso le impronte digitali, fotografato di fronte e di profilo come nelle formalità carcerarie. Ora sta in qualche centro simile a un campo di concentramento.

Signor Moussa, spero che tu abbia fortuna. Quanto a benvenuto, non ne riceverai uno migliore di quello che hai avuto a bordo della nave di Medici Senza Frontiere.

di Erri De Luca

— Leggi anche: Gli orrori delle prigioni in Libia disegnati da un migrante

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