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La vecchia guardia

Nonostante i forti impulsi al cambiamento, la politica italiana è ancora dominata dai soliti nomi

Di Michele Teodori
Pubblicato il 22 Apr. 2013 alle 11:50

“La vecchia guardia è ancora al potere”, ha scritto ieri il Wall Street Journal commentando la riconferma di Napolitano alla Presidenza della Repubblica. “Quello cui stiamo assistendo in Italia è quasi incredibile[…]ma si ha la chiara indicazione della disfunzionalità assoluta della politica italiana“, rincara l’Economist sul suo sito internet. Le due testate hanno analizzato l’occasione mancata di rinnovamento da parte della classe dirigente. L’elezione del capo dello Stato ha confermato che a tenere le redini del gioco sono sempre i soliti nomi, nonostante le recenti elezioni che avevano dato un forte impulso al cambiamento. Un’amara riflessione sul futuro del Paese.

L’Economist attribuisce gran parte della responsabilità al Partito Democratico: la rielezione di Napolitano lascia il PD definitivamente allo sbando. Gli interessi di fazione hanno avuto la precedenza su quelli di partito in un modo che per i suoi elettori non sarà facile dimenticare. Adesso si torna alle prospettive di una grande colazione, che Berlusconi ha sempre chiesto dopo le elezioni di due mesi fa. Un governo che tornerebbe certamente sotto una sua rinnovata influenza, mentre “sono in corso quattro processi a suo carico”.

“Con i fallimenti che si accumulano uno dopo l’altro, l’impressione è che il sistema politico italiano, spesso tendente al comico, si sia ora irrimediabilmente rotto. Con un secondo governo tecnico di fila, è difficile evitare la sensazione che il prossimo governo non durerà”, si legge sul Wall Street Journal. Secondo l’Economist, l’insistenza sul ritorno di Napolitano da parte dei “vecchi” partiti è stata sia una straordinaria ammissione di sconfitta sia un atto sorprendente di sfida. Il tutto di fronte all’assordante richiesta di volti nuovi da parte delle più giovani generazioni di italiani, oltre a nuove politiche e un potere meno dominato dai partiti.

Entrambi i giornali si concentrano sulla battaglia generazionale che ha preso il via anche nel campo della politica: “I giorni della vecchia guardia sono contati”, scrive il Wall Street Journal. Per l’Economist si è tracciato un solco definitivo tra vecchio e nuovo: “Il voto presidenziale ha ri-disegnato più crudamente che mai le linee di battaglia della politica italiana. Una volta la distinzione era tra destra e sinistra. Ora si separano il vecchio e stanco dal nuovo e giovane. Per il prossimo futuro, il vecchio e stanco è saldamente in controllo del potere”.

Ma il Wall Street Journal avverte che nuovo non è necessariamente sinonimo di meglio. “La questione è se la prossima generazione di politici sarà in grado di offrire agli italiani qualcosa di diverso dalle ricette della vecchia guardia fatte di maggiori imposte, salari flessibili, lavoratori coccolati, prepensionamenti e tutto ciò che continua a diminuire la competitività economica in Italia. Nuovi volti faranno poca differenza se non vengono assieme a nuove idee”.

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