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L’Europa dei pagliacci

In tutta l'Unione Europea i partiti tradizionali sono in crisi. L'Italia non è un'anomalia. Il commento di Foreign Affairs

Di Gian Maria Volpicelli
Pubblicato il 13 Mar. 2013 alle 00:57

Il risultato delle ultime elezioni e l’attuale instabilità politica sono un’anomalia tutta italiana? Secondo Jonathan Hopkin, professore di Politica Comparata alla London School of Economics (Lse), la questione non è così semplice.

In un articolo pubblicato sulla rivista statunitense Foreign Affairs, dal titolo ‘Italy Did Not Just Send in The Clowns’ (L’Italia non ha appena fatto entrare i clown), Hopkin rovescia il giudizio beffardo che molti, all’estero – dal leader socialdemocratico tedesco Steinbrück all’”Economist” – avevano espresso all’indomani delle elezioni italiane.

Se il voto italiano, che ha premiato leader euroscettici come Grillo e Berlusconi può essere interpretato come una protesta contro l’austerità adottata dal governo Monti per soddisfare le richieste dell’Unione Europea, per Hopkin il significato delle scorse elezioni va al di là di questo.

“Il fenomeno Grillo non è solo una sfida all’austerity, ma allo stesso sistema del partito tradizionale. La crisi economica ha aiutato Grillo, ma la sua offensiva contro i politici italiani corrotti ed egoisti era partita già prima dell’inizio del declino.”

L’Italia potrebbe fare da apripista a un cambiamento che interesserà l’Europa intera. “In tutta Europa, l’adesione ai partiti politici ha raggiunto il livello più basso dalla Seconda Guerra Mondiale”, spiega Hopkin. “Gli elettori sono anche meno leali che mai nei confronti dei partiti tradizionali – è più probabile cioè che spostino il loro voto su un partito rivale o su uno completamente nuovo”.

La recente affermazione dell’Uk Independence Party in Gran Bretagna, e “il successo del Partito Pirata in Svezia, del partito anti-islamico di Geert Wilders in Olanda e di partiti populisti più duraturi come il Front National francese, confermano che l’Italia è tutto fuorché anormale”.

Il giudizio di Hopkin è che la crisi economica “sta minacciando la stessa sopravvivenza dei partiti maggiori. Anche prima della crisi, gli elettori si erano stancati di scegliere fra partiti grossomodo simili fra loro, le cui scelte sono impastoiate dalle leggi europee o dalla necessità della globalizzazione”.

Dopo l’arrivo della crisi e “l’imposizione di misure draconiane da parte di un’entità sovranazionale”, i partiti si trovano oggi a dover gestire una grave crisi di legittimità.

Per uscirne, “i partiti tradizionali non dovranno solo risolvere la crisi, ma anche riconnettersi con gli elettori e rivitalizzare il loro ruolo centrale nella politica democratica. Altrimenti, ciò che è successo in Italia potrebbe ripetersi presto”.

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