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La comunità LGBT+ che lascia l’Italia per vivere la propria sessualità senza discriminazioni a Londra

Credit: Claudia Delrio

7 italiani su 15 lasciano l'Italia per vivere la propria vita privata più serenamente. Il progetto di ricerca What about us si occupa di capire cosa spinge le persone omosessuali a evadere dall'Italia. I risultati

Di Laura Melissari
Pubblicato il 27 Ago. 2018 alle 09:30 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 19:55

Quali sono i motivi che spingono un italiano a trasferirsi in un paese estero? Si tratta solo della crisi economica o c’è dell’altro? Per una porzione degli stimati 350mila italiani in continua crescita nella capitale britannica, i motivi che spingono al trasferimento, temporaneo o definitivo, sono molti più che i soli problemi economici.

Si legge quasi ogni giorno, sia media nazionali e internazionali, di attacchi omofobi e aggressioni violente che, in Italia, non vengono condannate come dovrebbero, a differenza degli altri Paesi europei.

Il motivo per cui questo continua ad accadere è strettamente legato a come la legge in Italia sia molto diversa da quella in Regno Unito e nel resto d’Europa.  Nonostante le unioni civili siano state approvate solo due anni fa, l’Italia risulta ancora agli ultimi posti tra i Paesi occidentali quando si parla di tolleranza.

“What About Us?” è un progetto di ricerca che si occupa di comprendere e rappresentare la comunità LGBT+ italiana a Londra, con particolare interesse verso i motivi che spingono le persone appartenenti alla suddetta comunità a evadere.

Claudia Delrio, pubblicista, studentessa di Comunicazione presso l’università di Richmond a Londra, e autrice del progetto ha detto: “Questo progetto ha l’ambizione di dare una voce al gran numero di italiani che hanno deciso di abbandonare la realtà opprimente che l’Italia propina, ma con la speranza nel cuore e con la forza d’animo di volerla cambiare, anche se da lontano.  Questa ricerca sul campo è più di un semplice progetto, ma un movimento per rendere il cambiamento effettivo”.

Secondo un sondaggio portato avanti dal progetto “What About Us?” sulla comunità LGBT+ a Londra, solo quattro persone su quindici hanno risposto di aver lasciato l’Italia per cercare un lavoro all’estero. Sette persone su quindici hanno ammesso di aver scelto il Regno Unito per vivere la propria vita privata più serenamente.

Londra è considerata tra le mete gay-friendly per eccellenza, raggiungendo i primi posti nelle varie classifiche LGBT+ in pubblicazioni come Time Out e Huffpost. Tra le varie associazioni nella capitale inglese, spicca l’italianissima Wake Up Italia. L’associazione, nata dal movimento pro unioni civili nel 2016, offre vari servizi ai cittadini italiani a Londra, incluso supporto informativo sulla legislazione italiana nei confronti della comunità LGBT+. L’associazione si occupa anche di promuovere numerose attività sociali per condensare la comunità in un unico grande gruppo.

“Ho diciannove anni, sono cresciuto in Sardegna e ho abbandonato la mia isola perché gli episodi di omofobia che ho vissuto erano insopportabili. Ora posso dire di aver trovato la mia casa qua a Londra, dove posso vivere serenamente senza aver paura delle mie più semplici azioni”, ha spiegato uno degli intervistati.

Il 40 per cento degli intervistati ammette, inoltre, che il proprio orientamento sessuale ha inciso abbondantemente nella scelta di Londra come meta straniera.

Più della metà degli intervistati vive a Londra da meno di un anno, mentre il 20 per cento di loro ha vissuto in Inghilterra fino a un massimo di tre anni. Solo una persona su quindici è iscritta a un’associazione LGBT+ in Inghilterra, mentre due persone su quindici partecipano casualmente a manifestazioni e attività organizzate da associazioni LGBT+ a Londra.

È interessante notare come il 14 per cento degli intervistati non reputa fondamentale che il matrimonio sia legalmente riconosciuto in Inghilterra, contro il 57 per cento che affermano, invece, che sia molto importante.

La domanda “Pensi che l’omofobia sia un problema attuale nella realtà londinese?”, spacca la ricerca di What About Us? a metà: una metà afferma che l’omofobia sia un problema esteso su scala globale, mentre l’altra metà afferma che l’omofobia in Italia costituisca un problema maggiore e che Londra sia, in linea di massima, un paese tollerante che pullula di personalità, culture, razze e ideali più diversi, uniti nel rispetto per il prossimo.

In conclusione, il 40 per cento degli intervistati afferma che la comunità LGBT+ italiana sia più unita a Londra di quanto non sia in Italia, contro il 13 per cento che afferma che siano unite in egual misura nei due stati ed il 47 per cento degli intervistati che afferma di non essere sicuro.

Antonio Cabras, un 19enne sardo trasferitosi a Londra ha raccontato cosa significa essere omosessuale oggi in Italia, e cosa lo abbia spinto a scegliere Londra:

Quando hai fatto coming-out (se l’hai fatto)?

Non posso dire di aver fatto completamente coming-out perché in realtà non l’ho fatto. Sì, l’ho detto a mia madre e al resto del mondo quando avevo quindici anni, ma non a mio padre e al resto della famiglia. Questo non posso definirlo coming-out. Non ho ancora avuto il coraggio di farlo perché mio padre ha sempre espresso pareri negativi per qualsiasi cosa riguardasse la comunità LGBT+.

Che cosa ti ha spinto a scegliere Londra come meta?

Bella domanda! Beh, in realtà conosco persone che ci vivono e che ci hanno vissuto, ho sempre sentito parlarne bene, soprattutto riguardo alla comunità LGBT+. Considerata la situazione politica in Italia, ho deciso di partire e constatare con i miei occhi la situazione. L’ho fatto e adesso sto bene con me stesso e con gli altri, nella realtà londinese.

Puoi elencare almeno 3 motivi per cui Londra è la città gay-friendly per eccellenza?

  1. Che cosa pensi delle discriminazioni all’interno della stessa comunità LGBT+?

Le trovo orrende: non mi capacito di come delle persone che hanno subìto lo stesso tipo di violenze possano a loro volta discriminare le minoranze all’interno della minoranza stessa (come bisessuali e transessuali, per esempio).

Hai mai subito o hai mai assistito ad attacchi di omofobia a Londra?

Assolutamente no, però ho assistito ad attacchi verbali e tengo a precisare che si trattò di persone italiane.

E in Italia? Vuoi raccontare la tua esperienza?

Sono stato aggredito più di una volta: in un’occasione sono stato picchiato; le urla, gli insulti e le persone che mi sputavano in faccia in mezzo alla strada erano all’ordine del giorno. Sono stato privato della mia dignità e libertà.

Credi che ci sarà mai una legge che tuteli dall’omofobia in Italia?

Spero di sì, e spero avvenga il più presto possibile, ma ne dubito. Continuano a entrare al governo xenofobi che promuovono il razzismo e l’omofobia. Se la situazione non cambia non credo che succederà, anzi, peggiorerà

Che ruolo, secondo te, l’educazione nelle scuole su tematiche come l’omofobia, la transfobia, la bifobia etc.?

Importantissima, ovviamente la famiglia ha un ruolo primario, deve esserci un ambiente sano che insegna a priori queste cose ai bambini, ma la scuola è la loro seconda casa a quell’età, quindi ritengo che l’argomento debba essere affrontato e non con leggerezza, come spesso avviene

Che consiglio daresti a una vittima?

Non siete soli, fate le valige e cambiate posto se quello in cui siete non è per voi.

È brutto, ma è così, Io consiglierei Londra a tutti: qui sono rinato, ma c’è davvero un mondo intero da visitare, posti e persone da conoscere. Non fatevi del male, un po’ di coraggio e le cose si aggiustano, piano ma lo fanno, se lo volete, sempre.

A cura di Claudia Delrio

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