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Alcuni incastri istituzionali rischiano di tenere l’Italia in stallo

Il veto di Renzi su un governo sostenuto solo dal Pd e l'attesa della sentenza della Consulta sull'Italicum sono i due principali ostacoli alla formazione dell'esecutivo

Di Stefano Mentana
Pubblicato il 9 Dic. 2016 alle 16:10

Il 7 dicembre 2016 il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha rassegnato le proprie dimissioni, come aveva annunciato dopo la sconfitta nel referendum costituzionale del 4 dicembre, con la quale è stata respinta una delle principali riforme proposte dal suo governo.

Come succede da sempre nella storia repubblicana, ogni volta che un esecutivo è costretto a lasciare il proprio incarico inizia una crisi di governo, che in questa occasione sembra destinata a essere più complessa del solito.

Renzi, poco prima di rassegnare formalmente le dimissioni, ha riferito alla direzione del Partito Democratico, in maniera molto chiara, che il suo partito è pronto a prendersi la responsabilità di un governo di scopo che cambi la legge elettorale, ma a patto che ne facciano parte tutte le forze politiche.

È un aut aut che difficilmente sarà accolto da tutti quanti i partiti e che potrebbe portare a non far nascere un nuovo governo qualora Renzi e il Pd rimanessero sulla loro posizione. Senza il consenso di questo partito non ci sarebbero i numeri per formare un qualsiasi esecutivo.

Nuove elezioni possono essere l’unica alternativa alla nascita di un nuovo governo, ma anche questa ipotesi incontra un ostacolo: la legge elettorale. In questo momento Camera e Senato hanno due leggi elettorali diverse – rispettivamente l’Italicum e il Consultellum – che con il voto potrebbero generare maggioranze completamente differenti.

Per quanto possa risultare poco ortodosso, un procedimento simile sarebbe pienamente costituzionale; ma il problema principale non è questo. A partire dal 24 gennaio 2017 la Corte Costituzionale prenderà in esame l’Italicum e nei giorni successivi potrebbe giudicarlo incostituzionale, emendandolo.

Sulle elezioni anticipate aleggia lo spettro della Consulta, che di fatto sta sospendendo il diritto del presidente della Repubblica a sciogliere le camere.

Immaginiamo che al termine delle consultazioni Mattarella decida di andare a nuove elezioni, magari per metà febbraio 2017, e  che all’inizio del mese in questione la Corte Costituzionale decidesse che la legge elettorale con cui le elezioni dovrebbero svolgersi è incostituzionale: si tratterebbe di una situazione senza precedenti.

Per questa ragione, i giornali riportano la volontà di Mattarella di un governo di scopo che porti a termine la legge elettorale – in base anche al pronunciamento della Consulta – in vista di nuove elezioni, ma è da vedere quanto i partiti decidano di essere d’accordo su questo argomento con la più alta carica dello Stato.

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