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In difesa di Beppe Grillo

"Forse, i politici italiani non sono tanto più folli dei nostri”. Il commento del New Yorker

Di Simona Donini
Pubblicato il 8 Mar. 2013 alle 15:06

“Forse, i politici italiani non sono tanto più folli dei nostri”, commenta Alexander Stille in un articolo sul New Yorker, analizzando i recenti sviluppi della politica italiana alla luce degli ultimi risultai elettorali.

“L’Italia è stata nella storia recente un incredibile laboratorio di innovazione politica. Il fenomeno Berlusconi – combinazione del potere dei mezzi di comunicazione/denaro/celebrità e la sua trasformazione in potere politico – è stata una novità che ha trovato imitatori in tutto il mondo. Se Berlusconi rappresenta il potenziale politico della televisione, ora con Grillo siamo davanti alla prima figura politica che ha costruito un grande movimento attraverso Internet,” scrive Stille.

Mentre il sistema bipartitico americano “ha limitato il successo dei partiti più radicali, quello proporzionale in Italia ha permesso maggiore facilità di ingresso ai movimenti di protesta che rimarrebbero ai margini negli Stati Uniti”. Ma l’esperienza italiana mette in luce fenomeni che sono in progresso anche in America. “Siamo proprio sicuri che il Congresso statunitense sia un istituto più sensato rispetto al Parlamento italiano?”.

Secondo Stille lo slogan “Mandateli tutti a casa del MoVimento 5 Stelle (M5S) potrebbe essere efficace anche sull’altra sponda dell’Atlantico. Ross Perot, con la sua campagna anti-Washington nel 1992, ha raccolto quasi il 19 per cento dei consensi. Se un candidato come Ron Paul, o di un movimento come il Tea Party, avesse potuto ottenere seggi al Congresso per conto proprio, piuttosto che all’interno del Partito repubblicano, avrebbe raccolto decine di milioni di voti, così come potrebbe Occupy Wall Street. Inoltre quasi tutti i candidati americani alla presidenza hanno corso contro Washington, da Jimmy Carter a Reagan, il quale ha anche dichiarato come il governo fosse “il problema, non la soluzione”.

Grillo ha presentato la possibilità di una forma radicalmente diversa di democrazia: democrazia partecipativa – attraverso Internet – piuttosto che la democrazia rappresentativa che il mondo ha conosciuto negli ultimi secoli. In qualche modo il MoVimento 5 Stelle fa rivivere il vecchio sogno di anarchismo: un auto-governo mondiale.

“È difficile conoscere la vera storia di Grillo perché la stampa italiana, sia quella liberale sia quella conservatrice, è ostile al comico genovese. Grillo chiede di mettere fine al controllo della politica sui mezzi d’informazione italiani e questo potrebbe spiegare questo atteggiamento”, rincara la dose Tom Mueller sempre per il New Yorker.

“La vecchia guardia politica parla di Grillo come di un demagogo di destra, oppure come di un anarchico/sabotatore che non ha un progetto per l’Italia, come un narcisista. Questa ostilità ha a che fare con le promesse di Grillo di ‘mandare a casa l’intera classe politica’, la più radicata e arrivista d’Europa, che lui accusa essere la causa della frattura sociale ed economica italiana”.

“Ho passato del tempo con Grillo e ritengo che Peer Steinbrück e altri politici, in Italia e all’estero, non lo hanno capito. È un personaggio divertente, ma è anche riflessivo e un po’ accademico. La sua biblioteca è piena di libri sottolineati che parlano di economia, energia rinnovabile e salute pubblica. Grillo ha discusso delle sue idee con gli autori di quei libri, premi Nobel come Joseph Stiglitz, Muhammad Yunus, Lester Brown e Dario Fo”.

“Se voler demolire e ricostruire il sistema politico dell’Italia fa di qualcuno un radicale, allora Grillo lo è. Anche se il suo radicalismo è metodico”, sostiene Mueller. “Se Occupy Wall Street avesse prodotto un leader con una visione a lungo termine e un manifesto con obiettivi concreti sarebbe stato simile a quello del MoVimento 5 Stelle”.

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