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    Ilva, la Corte di Strasburgo condanna l’Italia: “Non ha protetto i cittadini dalle emissioni tossiche”

    I giudici hanno stabilito che “L'inquinamento dell'Ilva è un pericolo per la salute”

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 24 Gen. 2019 alle 16:23 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:48

    L’Italia ha violato i diritti umani, mettendo in pericolo la salute e la vita degli abitanti di Taranto a causa delle emissioni tossiche dell’Ilva. A stabilirlo è una sentenza del 24 gennaio della Corte europea di Strasburgo.

    La corte dei diritti umani aveva accolto un ricorso dei cittadini pugliesi, 180 persone che si erano appellate all’Europa nel 2013 e nel 2015 per portare alla luce il conflitto ambientale.

    >Qui abbiamo ricostruito l’intero caso Ilva

    Si legge nella sentenza di Strasburgo: “Vi era stata una violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto per la vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e una violazione dell’articolo 13 (diritto a un ricorso effettivo) della Convenzione. La Corte ha rilevato, in particolare, che la persistenza di una situazione di inquinamento ambientale metteva in pericolo la salute dei richiedenti e, più in generale, quella dell’intera popolazione che vive nelle aree a rischio”.

    La Corte ammonisce i decreti Salva-Ilva che avevano garantito  l’immunità penale, e la garantiscono tutt’oggi al colosso dell’acciaio ArcelorMittal, non essendo stati abrogati dall’esecutivo giallo-verde. Strasburgo chiede inoltre che “le misure per assicurare la protezione della salute e dell’ambiente siano messe in atto il più rapidamente possibile”.

    Nella sentenza si sottolinea che la popolazione “resta, anche oggi, senza informazioni sulle operazioni di bonifica del territorio” e si evidenzia inoltre che i cittadini non hanno avuto modo di ricorrere davanti a un giudice italiano contro l’impossibilità di ottenere misure anti-inquinamento, violando quindi il loro diritto a un ricorso effettivo. Un riferimento chiaro ai decreti Salva-Ilva che hanno garantito la non punibilità penale. E pur rigettando la misura richiesta di fermare l’attività del siderurgico, la Corte ha chiesto che il piano anti-inquinamento sia messo in atto il prima possibile.

    Daniela Spera, portavoce di Legamjonici, promotrice del primo dei due ricorsi alla Corte europea per i diritti umani di Strasburgo ha detto: “Taranto ha ottenuto giustizia”. Quasi tutti i firmatari avevano diritto, tranne 19, a presentare ricorso per i rischi ambientali: per questo l’italia è stata condannata a risarcire ognuno dei tarantini con 5mila euro per le spese legali.

    La Corte di Strasburgo ha quindi stabilito che “le autorità nazionali non hanno preso tutte le misure necessarie per proteggere efficacemente il diritto al rispetto della vita privata dei ricorrenti”.

    Una storia lunga un secolo quella dell’acciaieria dell’Ilva, il maggior stabilimento per la lavorazione dell’acciaio in Europa. Il caso, ancora irrisolto, ha portato ad uno dei più grandi scontri di sempre tra “lavoro” e “ambiente”. Come può l’Italia andare avanti anche dopo una condanna per violazione dei diritti umani?

     

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