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Una pace fiscale per recuperare l’Ici non pagato dalla Chiesa: l’idea del governo giallo-verde

Di Laura Melissari
Pubblicato il 16 Nov. 2018 alle 07:05 Aggiornato il 16 Nov. 2018 alle 07:27

Una pace fiscale per recuperare l’Ici non pagato dalla Chiesa dal 2006 al 2011. È questa l’idea del governo, dopo la decisione della Corte di giustizia europea che alcuni giorni fa aveva stabilito che la Chiesa non può essere esentata dal pagamento dell’Ici.

Lo Stato italiano è autorizzato a recuperare i contributi non versati, e deve assicurarsi che ciò venga fatto

La pace fiscale ipotizzata dal governo prevede che il Vaticano restituisca un miliardo di euro a fronte dei 4,8 miliardi totali.

“A questo punto è un atto dovuto: il problema si trascina da anni e la sentenza della Corte ci impone di trovare un accordo con il Vaticano che ancora non stiamo negoziando. Ma va fatto e ci sarà”, ha spiegato il vice ministro dell’Economia Massimo Garavaglia.

Le modalità attraverso cui avverrà il recupero dei tributi non sono ancora stati chiariti. Secondo il quotidiano il Messaggero ciò potrebbe avvenire attraverso la rinuncia a sanzioni e interessi e l’applicazione di una aliquota fissata intorno al 20% del capitale, ovvero 4,8 miliardi di euro.

Sono circa 120mila le strutture appartenenti alla Chiesa che non pagano l’Ici.

La proposta di una pace fiscale trova l’appoggio della Lega, ma non del Movimento 5 Stelle, che invece propone di trattenere le quote dell’8×1000 destinate alla Chiesa cattolica, fino al raggiungimento dei 5 miliardi complessivi. Ci dovrebbero volere circa 5 anni. Quest’ultima ipotesi creerebbe scontri più accesi tra Stato italiano e Chiesa.

In attesa di trovare una soluzione al problema, il Comune di Roma ha già avviato un censimento degli immobili che potrebbero essere sottoposti alla nuova Imu e al debito della vecchia Ici.

Cos’ha stabilito la Corte di giustizia e perché la Chiesa non pagava l’Ici 

L’Ue aveva affermato che il “sistema italiano di esenzioni all’Ici concesse a enti non commerciali per scopi specifici tra il 2006 e il 2011 era incompatibile con le regole Ue sugli aiuti di Stato”, in quanto conferiva di fatto “un vantaggio selettivo alle attività commerciali svolte negli immobili di proprietà della Chiesa rispetto a quelle portate avanti da altri operatori”.

L’Ici, poi sostituita dall’Imu, era stata introdotta nel 1992 e inizialmente esentava solo gli enti non commerciali appartenenti alla Chiesa e al mondo non profit in generale. Nel 2005 il governo Berlusconi però ampliò l’esenzione, allargandola anche agli immobili con fini commerciali.

Nel 2012, l’allora governo Monti che aveva abbandonato la vecchia Ici per l’Imu, stabilì che l’esenzione doveva riguardare solo quegli immobili della Chiesa dove non venivano svolte attività economiche.

Dal 2012 vengono esentati dall’Imu e dalla Tasi solo i fabbricati e per le loro pertinenze destinate esclusivamente “all’esercizio del culto e alla cura per le anime, alla formazione del clero e dei religiosi a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana”.

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