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Genova città amica, la parola agli studenti

C'è chi sogna una piscina sul terrazzo e chi si accontenterebbe di un marciapiede. Unicef ha raccolto i consigli di 7mila ragazzi

Di Massimiliano Salvo
Pubblicato il 22 Nov. 2014 alle 15:33

Sognano di andare a scuola a piedi, giocare a pallone nel parco e fare gare di skate. La bicicletta? Il frutto proibito. I videogiochi e il computer? Tutti i giorni, come la tv.

Eppure i pomeriggi in casa sono una noia: l’ideale è divertirsi ai giardini con gli amici, magari col wi-fi. Con un occhio al cielo però, perché dopo anni di alluvioni la pioggia fa davvero paura.

Unicef Genova ha indagato su quale sia la percezione del territorio da parte degli studenti con lo studio “Per Genova città amica”, un progetto che ha coinvolto 7mila studenti. Segue il progetto internazionale Child friendly cities, per la prima volta in Italia su scala metropolitana.

Durante il 2014 le scuole della provincia genovese, dove abita più di metà della popolazione ligure, sono state setacciate dalle riviere sino alle alture. Unicef ha raccolto numerosi dati sulle abitudini di settemila minori dai 6 ai 18 anni in 86 istituti. Per scoprire che i bambini sono contenti del loro quartiere solo quando non ne conoscono altri: appena crescono, i problemi saltano fuori.

“I ragazzi vorrebbero ‘vivere’ la città, ma spesso è un’impresa – spiega Franco Cirio, presidente del Comitato Unicef di Genova – I servizi sono mal distribuiti. C’è chi ha la piscina e il parco a due passi da casa, e chi abita in quartieri deserti dove regna il cemento: così è difficile raggiungere anche la scuola, perché è pericoloso uscire da soli o serve l’automobile”.

Il metodo di lavoro si è basato sui progetti “Città amiche dell’infanzia e dell’adolescenza” nei diversi Paesi del mondo. Ad Amman, capitale della Giordania, si sono realizzati parchi e biblioteche grazie a 28 mila studenti nei consigli comunali dei ragazzi. A Rio De Janeiro (Brasile), Calcutta (India), Nairobi (Kenya), Karachi (Pakistan) e Città del Capo (Sudafrica) i bambini hanno preso parte alla segnalazione dei bisogni locali.

Così si è fatto in Liguria – con la supervisione dell’Università di Genova e di Sassari – e si è visto che età, genere ed etnia incidono, e di molto, sugli stili di vita.

I risultati sono stati presentati oggi nel capoluogo ligure, a 25 anni esatti dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La Convenzione fu approvata il 20 novembre 1989 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che per la prima volta nella storia enunciò i diritti fondamentali che devono essere riconosciuti e garantiti a tutti i bambini del mondo. Ratificata da 194 Stati, è il trattato sui diritti umani con più aderenti al mondo.

La bicicletta? Interessa più ai maschi. La lettura? Roba da femmine. Come l’attenzione per l’ambiente: sono loro a riciclare e chiudere il rubinetto quando si lavano i denti. Eppure alle elementari se ne parla nel 90% dei casi. Cinema e sport mettono d’accordo tutti, idem la discriminazione: l’aspetto estetico è in cima alle preoccupazioni, seguito da abbigliamento e luogo di provenienza.

“I minori chiedono di partecipare per risolvere i problemi della vita quotidiana – spiega Daniele Salvo, 25 anni, volontario Unicef che ha curato tutte le fasi del progetto e si sta specializzando in Urbanistica a Sassari con questo studio – Lo hanno dimostrato scendendo in strada con le ultime alluvioni. Ma appena l’emergenza finisce, le istituzioni dimenticano la loro voglia di essere ascoltati”.

Confrontati i risultati dei questionari con i dati oggettivi del territorio, Unicef Genova ha individuato le aree più problematiche della città metropolitana, per fornire all’amministrazione una guida e suggerire interventi in modo mirato.

“Quando una città è a misura di bambino, i servizi e la qualità della vita vanno bene anche per le altre fasce di età”, commenta Vincenzo Spadafora, presidente dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, “Lo studio di Genova può diventare un modello nazionale. Ora sta alle amministrazioni locali rendere l’indagine di Unicef un progetto concreto”.

Di certo Genova avrà parecchio da lavorare, a partire dai marciapiedi: il 73 per cento degli studenti cammina in strada perché sono inadeguati.

Ma anche le alluvioni degli ultimi anni hanno lasciato il segno. I bambini che vivono nelle aree danneggiate nel 2012 e 2013, come la Val Bisagno e l’entroterra di Chiavari, temono che il ponte sul fiume crolli (di nuovo), il torrente “torni in strada” o che la scuola si allaghi. E nelle risposte aperte, le differenze sociali sul territorio diventano voragini.

Alla domanda “cosa desideri per la tua via?”, ci sono bambini di quartieri popolari come il Lagaccio o Molassana che sognano “marciapiedi”, “semafori” e “strisce pedonali per non essere investiti”. I bambini di Multedo sono terrorizzati dalle cisterne di petrolio vicino alle case, quelli di Borzoli dai tir, quelli di Busalla, in Valle Scrivia, sognano la chiusura della raffineria. C’è da credergli: l’aria è irrespirabile anche per chi passa in autostrada.

Nel Levante di Genova, dove le ville si alternano alle palme e alle terrazze sul mare, i bambini sono molto più sereni. E pretenziosi. A Quarto dei Mille un bambino di sette anni vorrebbe “un hotel extralusso” sotto casa. Nella vicina e ricca Albaro una bambina di nove anni sogna “una spa”, uno di sette anni “una piscina sulla terrazza”.

Anche qui sport e verde sono in cima la lista dei desideri. “La mia via è bellissima – ha scritto un bimbo di terza elementare – ma manca un campo da golf”.

 

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