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    Il caso del migrante eritreo ferito vicino a un presidio umanitario della Croce rossa a Roma

    Un migrante è stato accoltellato nei pressi della struttura nel quartiere Tiburtino Terzo. Ma sulla vicenda circolano versioni differenti. Ecco cosa sappiamo su quanto accaduto:

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 31 Ago. 2017 alle 11:20 Aggiornato il 10 Gen. 2020 alle 20:22

    Mercoledì 30 agosto la procura di Roma ha aperto un’inchiesta sul ferimento di un migrante eritreo vicino al presidio umanitario della Croce Rossa italiana (Cri) di via del Frantoio, a Roma, nel quartiere periferico di Tiburtino Terzo. La sera del 29 agosto, l’uomo è stato accoltellato alla schiena, ma non è in pericolo di vita.

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    Nelle ore successive all’accaduto, alcuni giornali hanno parlato di un diverbio tra un residente della struttura e un gruppo di bambini, contro i quali l’uomo avrebbe lanciato dei sassi. Alcune ore dopo la madre di uno di questi bambini sarebbe tornata in zona con l’aiuto di altri residenti e sarebbe scoppiato un litigio con l’uomo, poi accoltellato.

    Parte della stampa ha parlato anche di una “rivolta” dei residenti del quartiere contro i migranti. A queste informazioni si sono aggiunti altri elementi, alcuni dei quali apertamente in contrasto tra loro.

    La versione della donna

    Una donna di nome Pamela ha raccontato all’agenzia di stampa AdnKronos di essere entrata nel presidio di Tiburtino Terzo per cercare l’eritreo che, a detta della donna, “aveva minacciato i suoi nipoti e il figlio” di un anno e mezzo.

    Pamela ha detto che la sera del 29 agosto i suoi nipoti di 10 e 12 anni stavano passeggiando insieme a un’amichetta di 15 anni. Con loro avevano anche il figlio di Pamela, di un anno e mezzo, che era nel passeggino. “A un certo punto si è avvicinato questo eritreo, diceva cose che non capivano, si avvicinava al piccolino e lo indicava. Loro si sono spaventati, gli hanno detto di andar via, e lui gli ha lanciato contro i sassi”, ha detto la donna all’AdnKronos.

    La donna sostiene che i ragazzini sono tornati da lei piangendo e che per questo lei è scesa a cercare l’uomo portando con sé solo il suo nipotino di 12 anni.

    Una volta arrivata al centro, Pamela racconta di essere stata trascinata per cinquecento metri e trattenuta con la forza dentro il centro. Per mostrare la veridicità del suo racconto ha mostrato graffi sulla schiena e segni sulle braccia.

    Il racconto di un testimone

    La mattina di giovedì 31 agosto un testimone ha raccontato ai microfoni di SkyTg24 una versione diversa da quella descritta da Pamela, chiedendo di restare anonimo. Secondo il suo racconto, non ci sarebbe stata alcuna sassaiola dell’uomo eritreo contro i ragazzini.

    Il testimone ha detto che la donna si è avvicinata all’uomo per chiedergli una sigaretta e che il diverbio sarebbe nato dal rifiuto di questo di consegnargliene una. Ha aggiunto che il ragazzo è conosciuto nel quartiere perché raccoglie le cicche di sigaretta da terra.

    Sarebbe stato il nipote della donna, il ragazzino di 12 anni, a infilare una piccola lama ferro nella schiena dell’uomo, ferendolo. Secondo il testimone, inoltre, non ci sarebbe stato alcun sequestro. Gli ospiti del presidio avrebbero solo deciso di chiudere la porta per aspettare l’arrivo delle forze dell’ordine, proprio a causa di ciò che era accaduto.

    Cosa sappiamo finora

    Secondo quanto confermato dalle forze dell’ordine e dalla Croce Rossa, l’eritreo ferito non risiedeva nella struttura di via del Frantoio, che è una sistemazione temporanea per circa 80 persone, la maggior parte delle quali di cittadinanza eritrea. L’uomo era ospite di un centro di accoglienza straordinaria della capitale, e non più del presidio umanitario.

    Inoltre, la lite è avvenuta al di fuori e non all’interno della struttura, come inizialmente riportato. “Dalle informazioni che abbiamo raccolto finora emerge che le tensioni sono avvenute all’esterno del presidio umanitario”, ha detto il direttore della Croce Rossa di Roma, Pietro Giulio Mariani. Questo sembra in contrasto con quanto raccontato da Pamela, che sostiene di essere entrata nella struttura per affrontare l’eritreo.

    L’uomo coinvolto è quindi arrivato solo in un secondo momento nella struttura, quando era ormai stato ferito. Mariani ha aggiunto inoltre che agli operatori non risultano essere avvenuti episodi di sequestro, come riferito dalla donna.

    Molti punti rimangono da chiarire: tra questi, quale sia il numero di persone recatesi insieme alla donna nelle vicinanze del presidio umanitario – alcuni giornali parlano di un “parapiglia fra cento persone”, mentre la donna sostiene di essere andata da sola con il nipote –; e cosa sia esattamente accaduto durante il diverbio con l’eritreo ferito.

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