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Ecomafie e Agromafie

Smaltimento dei rifiuti e contraffazione dei prodotti agricoli, la stampa estera spiega come la mafia inquina l'economia italiana

Di Anna Ditta
Pubblicato il 31 Gen. 2014 alle 09:40

La crisi economica è un toccasana per le mafie. Sfruttando la situazione economica delle imprese in difficoltà sono in grado di produrre montagne d’oro con i loro affari.

Immaginiamo un imprenditore come tanti, che non sa se riuscirà a pagare gli operai a fine mese. Pensate che quell’imprenditore pagherà affinché i rifiuti che produce siano smaltiti legalmente quando potrebbe affidarsi a società di smaltimento di dubbia provenienza, che costano meno ma che non garantiscono la trasparenza?

Il risultato è sotto gli occhi di tutti da tempo ormai. A parlarne stavolta è il New York Times, che racconta come nonostante le misure adottate dal governo italiano contro lo smaltimento illegale dei rifiuti, in alcune zone della Campania, il terreno sia talmente contaminato che bonificarlo potrebbe rivelarsi impossibile.

“I rifiuti sono un problema antico in Italia poiché le discariche sono a corto di spazio, per cui si scatenano crisi periodiche in città come Roma e Napoli”, scrive il New York Times, “Ma la terra della camorra, che si estende dal Mar Tirreno fino alle colline dell’Appennino, è un quadro particolarmente vivido di una bellezza che sta andando in rovina.”

Un gruppo ambientalista stima che 10 milioni di tonnellate di rifiuti tossici siano stati illegalmente sepolti qui sin dai primi anni 1990, incluse sostanze tossiche che hanno eroso il terreno e la falda acquifera, generando miliardi di dollari di profitti per la mafia. È quello che sta accadendo nella “Terra dei fuochi”, la zona tra Napoli e Caserta di cui scrive Roberto Saviano in “Gomorra”.

La Süddeutsche Zeitung ha scelto invece di raccontare di quei clan che agiscono direttamente come investitori per le imprese in difficoltà, fornendo agli imprenditori ciò che allo Stato e alla società manca, cioè il denaro.

Approfittando della situazione dei numerosi produttori agricoli che si vedono rifiutati i finanziamenti dalle banche, i boss entrano nel business agroalimentare, partecipando all’intera filiera produttiva di alimenti come i meloni di Marsala o le mozzarelle di bufala campane. In questo modo l’Agromafia ha ottenuto solo negli ultimi 2 anni 14 miliardi di ricavi dall’agricoltura.

“La mafia torna alle sue radici legate al latifondo del XIX secolo in Sicilia”, scrive la Süddeutsche Zeitung, “Per 200 anni, i mafiosi hanno ricattato i contadini, rubato il bestiame e dato fuoco ai campi. Oggi il loro potere arriva fino agli scaffali dei negozi.” In Sicilia, secondo quanto ha rivelato il pentito Nino Giuffrè, nessuna catena di supermercati potrebbe nascere senza il supporto di Cosa Nostra.

Tra i prodotti più a rischio di contraffazione c’è l’olio extravergine di oliva, orgoglio delle tavole italiane. Una sequenza di immagini pubblicata dal New York Times ha svelato negli ultimi giorni come avviene la sua alterazione. Molto di quello che viene venduto come olio d’oliva italiano sarebbe in realtà prodotto in Marocco, Tunisia o in Spagna e poi trasportato in Italia, dove verrebbe poi diluito con olio più economico, come l’olio di semi. Dall’Italia il falso olio d’oliva viene poi esportato nel resto del mondo. Il risultato della contraffazione è che il prezzo dell’olio continua a scendere e in questo modo i contraffattori commettono un vero e proprio suicidio economico, trascinando con sé anche gli innocenti produttori del vero olio d’oliva.

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