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Noi donne che abbiamo scelto di indossare il velo dobbiamo batterci per chi è stato obbligato a metterlo

Di Sara Ahmed
Pubblicato il 12 Ott. 2017 alle 18:31 Aggiornato il 18 Apr. 2019 alle 09:41

Ho indossato il velo a 19 anni. È stata una mia scelta, nessuna costrizione alcuna. Ho avuto il privilegio di poter scegliere. Opportunità che molte donne non hanno avuto.

Oggi mi sento in dovere di parlare delle donne che vengono costrette a indossarlo o che vengono plagiate ideologicamente per indossarlo.

Di queste donne si parla poco e, se viene fatto, viene fatto dietro speculazione politica o in chiave islamofoba.

Io, musulmana che ho deciso di indossare il velo liberamente, voglio dissociarmi dal significato politico, culturale e ideologico che, ad oggi, il velo in tutte le sue forme ha assunto.

Molte di noi, donne musulmane, lo abbiamo indossato come simbolo identitario, come atto di devozione, come un indumento che ci ricordi di mettere al primo piano la nostra spiritualità e non il nostro ego.

Ricordiamoci però che, mentre difendiamo il nostro diritto di indossare il velo senza essere discriminate, ci sono donne plagiate o costrette a metterlo.

Difendere altre donne da un velo imposto, tramite legge o ideologie maschiliste, ritengo sia un dovere morale e religioso che spetta soprattutto a noi che abbiamo potuto scegliere. .

Da piccola sentivo molto la parola Awra. Gli Imam nei programmi televisivi  la nominavano ogni volta che si parlava del corpo femminile. I capelli delle donne, la loro voce e il loro corpo sono Awra. Anche Il viso diventa Awra se ritenuto  attraente.

La parola Awra significa parti intime o parti da dover coprire.

Inizialmente non ne capivo il significato, sapevo solo che se una cosa veniva definita Awra dagli Imam doveva essere coperta e nascosta. I capelli sono Awra e vanno coperti, altrimenti attiriamo gli uomini. Le donne non possono cantare davanti agli uomini perché la voce potrebbe provocarli.

Ricordo ancora oggi un cartello affisso all’entrata della moschea che frequentavo da piccola a Roma. Nel cartello erano raffigurate due donne: una donna con il velo e una donna senza velo, quest’ultima circondata da fiamme per rappresentare l’inferno.   

Nell’immagine un’enorme scritta in arabo “L’Hijab prima del giorno del giudizio”.

Senza girarci intorno, molte donne musulmane sin da piccole vengono in qualche modo indottrinate e plagiate. Crescono convinte che per essere delle vere musulmane bisogna indossare il velo altrimenti si è condannate all’inferno.

Più si è intransigenti nell’indossarlo più si è vicine a Dio. Così molte iniziano a indossare il hijab, il velo che lascia scoperto il viso, e si prefiggono l’obbiettivo di mettere un giorno il Niqab, il velo che copre tutto il viso lasciando scoperto solo gli occhi.

Una volta scambiai qualche parola con una ragazza costretta ad indossare il Niqab.

Ero in un centro estetico al Cairo, aspettavo il mio turno e cominciai a scambiare qualche parola con le ragazze in attesa come me.

Una di loro in particolare attirò la mia attenzione per i suoi occhi incorniciati dal Niqab e dipinti da un tratto preciso di kajal. Iniziammo a parlare del più e del meno finché non le chiesi il motivo per il quale lo indossasse.

La sua risposta fu: “Mi hanno costretto i miei fratelli ma un giorno lo toglierò, l’Islam è nelle mie preghiere che compio cinque volte al giorno. L’Islam è in ogni gesto di benevolenza e non nelle loro imposizioni.” Il nodo cruciale della questione è racchiuso in queste parole.

Noi musulmani, in primis, abbiamo messo più in rilievo i nostri veli che ogni altro aspetto spirituale dell’Islam. Abbiamo deciso di far diventare un obbligo religioso il velo, anche ci sono varie interpretazioni a riguardo. Anche se nel Corano non viene menzionata nessuna punizione divina per le donne che non lo indossano.

Alcune hanno accusato di discriminazione i governi europei che hanno vietato l’uso del Niqab e del Burqa, retaggi culturali e non prescrizioni islamiche, dimenticandosi che in Arabia Saudita e In Afghanistan milioni di donne vorrebbero ribellarsi e non indossare più un indumento che le soffoca e annulla la loro identità.

La dottrina wahabita, una forma estremamente rigida dell’Islam sunnita, ha macchiato la purezza dei veri precetti islamici e ha catapultato il mondo islamico in una fase oscurantista da cui è sempre più difficile uscire.

Dobbiamo essere noi velate liberamente a spogliare il velo da ogni suo aspetto maschilista, dispotico, ideologico e politico affinché lo stereotipo delle donne maltrattate non esista più. Dobbiamo parlare. 

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