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Di Maio vuole cambiare la norma sugli enti no-profit, ma non può farlo nella manovra

Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio.

Sarà necessario un provvedimento ad hoc successivo al varo della legge di bilancio

Di Redazione TPI
Pubblicato il 28 Dic. 2018 alle 08:26 Aggiornato il 9 Gen. 2019 alle 15:49

“Quella norma va cambiata nel primo provvedimento utile”. Parole di Luigi Di Maio. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico ha così manifestato la volontà di cancellare la legge, contenuta nella manovra, che elimina il regime di tassazione agevolata per gli enti del terzo settore che si occupano di volontariato e assistenza sociale.

Lo sconto sull’Ires (l’imposta sul reddito delle società) per queste associazioni potrebbe quindi essere ripristinato.

“Si volevano punire coloro che fanno finto volontariato e ne è venuta fuori una norma che punisce coloro che hanno sempre aiutato i più deboli”, ha detto Di Maio.

 “Non possiamo intervenire nella Legge di Bilancio perché si andrebbe in esercizio provvisorio. Ma prendo l’impegno di modificarla nel primo provvedimento utile – ha proseguito il vicepremier –  Inoltre, abbiamo sentito la comunità dei Frati di Assisi, che ringraziamo per il loro instancabile impegno, e li incontreremo quanto prima”.

Il governo non può quindi fare dietrofront nell’immediato, poiché la manovra nella versione passata al Senato deve essere approvata entro la fine dell’anno. Non c’è tempo e modo per emendamenti su singoli provvedimenti, che farebbero slittare l’approvazione e porterebbero l’Italia in esercizio provvisorio.

La modifica della norma sull’Ires, quindi, sarà demandata a un successivo decreto, ammesso ovviamente che, nel frattempo, la maggioranza di governo si compatti e che la Lega voglia seguire Di Maio su questo tema.

Qualche perplessità sulla posizione del ministro del Lavoro, a dire il vero, l’ha espressa una sua compagna di partito di spicco, la viceministra dell’Economia Laura Castelli: “Quella norma è giusta. Se sei del terzo settore si suppone che tu non faccia utili, visto che sei senza scopo di lucro. Noi tassiamo i profitti delle no profit, non tassiamo i soldi della beneficenza”.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva difeso il provvedimento del governo, nonostante le moltissime critiche ricevute da chi sostiene che la norma creerà gravi danni all’assistenza sociale nel nostro paese.

“Vedremo di aiutare chi effettivamente ha bisogno – aveva detto il leader della Lega – Nella manovra ci sono tanti di quegli investimenti per i disabili, per la scuola, per l’università, per la ricerca, che sono assolutamente contento”.

Ora, però anche lui sembra aver cambiato posizione: “Dopo aver incontrato e ascoltato tanti presidenti ed associazioni, garantisco l’impegno del governo ad intervenire per aiutare le tante associazioni di volontariato che utilizzano solo a scopi sociali i loro fondi, ci sarà invece massimo rigore con i furbetti”, ha detto.

Anche il premier Conte sembra sposare la linea Di Maio: “Provvederemo quanto prima, a gennaio, a intervenire per riformulare e calibrare meglio la relativa disciplina fiscale”.

Prima del varo la manovra, la legge di riferimento su questo tema risaliva al 1973, e stabiliva un regime fiscale agevolato per il no profit: 12 per cento al posto del normale 24 per cento.

Uno sconto che, nel corso degli anni, è servito alle organizzazioni assistenziali per l’acquisto di beni necessari per assistere poveri, malati, persone in condizioni di disagio.

Con la stangata prevista nella manovra, se non ci dovessero essere le modifiche promesse da Di Maio, per il no profit italiano il futuro sarebbe ben più cupo.

Secondo quanto riporta Agi, la norma costerebbe alle associazioni del terzo settore ben 118 milioni nel 2019, 157 nel 2020 e 2021.

Sempre Agi riporta che gli enti no-profit si trovano per circa il 50 per cento nelle regioni del Nord Italia, a fronte del 26,7 per cento delle regioni del Sud e delle isole.

Il settore dà lavoro a circa 800mila persone, come evidenziato nei dati del Forum Terzo Settore.

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