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Da Damasco a Roma per essere curati

Tredici bambini palestinesi arriveranno a Roma dalla Siria per essere curati da gravi patologie o traumi di guerra grazie all'Unrwa e il ministero della Salute italiano

Di Sabika Shah Povia
Pubblicato il 1 Ott. 2015 alle 14:20

Stavano giocando a nascondersi dalle bombe. Raghad e i suoi due fratelli lo facevano spesso. Ormai erano abituati ai rumori della guerra. Era il luglio del 2013 e vivevano nel campo per rifugiati palestinesi Sayeda Zainab, alla periferia di Damasco, in Siria. I bambini, forse, erano inconsapevoli del pericolo reale che stavano correndo, fino a che una bomba non ha colpito la loro casa, distruggendola.

Wafaa, la madre, si trovava in cucina quando è successo. È corsa tra le macerie e rovistando tra i detriti ha trovato i suoi piccoli: Omar, da quel giorno costretto a letto per gravi danni alle vertebre; Ahmad, paralizzato dal collo in giù; e Raghad, senza gambe, con una grave ferita all’addome e una scheggia in gola.

Gli ospedali in Siria, quelli che ancora si reggono in piedi dopo oltre 4 anni di guerra civile, sono sovraffollati e non hanno la possibilità di fornire le cure mediche adeguate a molti, troppi pazienti. Raghad era tra questi. È stata rifiutata da un primo ospedale e dal secondo è stata dimessa quasi subito. Ha la laringe aperta, che le consente di parlare anche se con grande sforzo, ma sorride ogni volta che incrocio il suo sguardo.

Ora ha 13 anni e una speranza: quella di poter guarire. È arrivata in Italia il 17 settembre insieme a Safaa, di 11 anni, e Ilaf, di 10, entrambe affette da valvulopatia. Nel gruppo c’è anche Ruba, di 9 anni, affetta da meningocele, e Seba, di 4, con un neuroblastoma.

Queste bambine sono le prime cinque di 13 rifugiati palestinesi in Siria a raggiungere l’Italia grazie a un’operazione umanitaria coordinata dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) e il ministero della Salute italiano, che permetterà loro di farsi curare a Roma.

“Quest’operazione umanitaria è di un’importanza cruciale poiché da un lato ribadisce l’impegno dell’Unrwa a supporto della popolazione palestinese rifugiata, dall’altro mostra il coinvolgimento solidale, attivo e sinergico delle Istituzioni italiane nel supportare una popolazione particolarmente bisognosa di assistenza, in un momento di grande difficoltà come questo vissuto dalla comunità palestinese rifugiata in tutta la Siria,” ha detto Marina Calvino, Segretario Generale di Unrwa Italia.

Il ministero ha messo a disposizione per le cure di questi bambini un fondo di 200mila euro, destinato ai minori provenienti da zone di guerra e affetti da gravi patologie .

Un furgoncino dell’Unrwa con a bordo le pazienti è partito da Damasco, diretto a Beirut, in Libano. Al confine, è stato fondamentale l’aiuto fornito dall’Ambasciata italiana, che ha favorito il passaggio e concesso dei visti speciali alle bambine e il genitore di accompagnamento, nonostante fossero privi di passaporto. Da Beirut, il ministero della Difesa ha concesso ai profughi l’utilizzo di un aereo militare per raggiungere l’Italia. Insomma, non è stato facile riuscire ad attuare l’operazione, ma la coordinazione tra le diverse istituzioni ha decisamente semplificato le cose.

Adesso le bambine sono ospiti dell’Associazione Kim onlus, che fornisce assistenza e ospitalità alle famiglie durante il ricovero ospedaliero. È qui che le ho conosciute io. La sera del loro arrivo a Fiumicino erano troppo stanche e destabilizzate per notarmi, ma da Kim, appena sono entrata, mi hanno subito inquadrata. Il padre di Ilaf mi ha guardata negli occhi e mi ha salutata con “Assalamu alaykum”, come per cercare una conferma del mio essere musulmana.

Safaa, sentita la mia risposta, mi ha fatto un sorriso gigante e dall’entusiasmo nella sua voce ho capito che mi stava chiedendo se parlo arabo. Intanto Ruba mi stava già ripetendo in italiano i numeri da uno a dieci che le hanno insegnato i volontari della KIM. A vederle così, non si direbbe che vengano dalla stessa Siria da cui migliaia di civili sono in fuga, e in cui migliaia hanno perso la vita a causa della guerra.

Secondo i dati dell’Unrwa, ci sono oltre cinque milioni di rifugiati palestinesi nel mondo. In Siria, prima della guerra, erano 560mila. Adesso ne restano 480mila e la loro situazione è diventata ancora più complessa da quando un terzo degli edifici dell’Unrwa è diventato inagibile, a causa di danni alle strutture o di conflitto attivo nelle zone circostanti. Due volte rifugiati, i palestinesi siriani non si perdono d’animo. Sono talmente tanto esposti alla guerra, che hanno imparato ad accettarla come parte integrante della loro vita.

“Qui è bello, ma il mio Paese è il numero uno!” esclama Safaa, riferendosi alla Siria in cui la aspettano i suoi fratelli. Anche le altre bambine sono d’accordo.

“Mi piace la Siria,” dice Raghad.

“Non avete paura di tornare?” chiedo.

“Io non ho paura,” mi risponde Ruba, con quel suo sorriso contagioso.

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