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Anche in Italia dovremmo donare o riciclare il cibo scaduto

Dopo la legge contro gli sprechi del cibo in Francia, migliaia di persone hanno firmato una petizione per introdurre il reato di spreco alimentare anche in Italia

Di TPI
Pubblicato il 28 Mag. 2015 alle 17:07

Quasi 30mila persone hanno firmato una petizione online per introdurre una legge contro gli sprechi alimentari in Italia. La proposta si ispira alla legge approvata in Francia lo scorso 22 maggio, che proibisce lo spreco di cibo nei supermercati più grandi (superiori ai 400 metri quadrati) e rende illegale la distruzione dei prodotti alimentari scaduti. Ne abbiamo parlato qui.

Ogni anno nell’Unione Europea si buttano via oltre cento milioni di tonnellate di cibo, secondo i dati della Commissione europea del 2014. L’Italia è all’undicesimo posto in Europa per gli sprechi alimentari a persona, ma sesta per il totale di cibo sprecato.

Come riporta un’indagine GFK Eurisko del 2014, una famiglia media italiana spreca 49 chili di cibo all’anno (soprattutto frutta e verdura), per un costo di 316 euro. Ogni anno inoltre 1,4 milioni di tonnellate di prodotti agricoli non vengono nemmeno raccolti.

A livello globale, secondo i dati della Fao, vengono buttate nella spazzatura 1.3 miliardi di tonnellate di cibo commestibile, per un costo economico di circa un trilione di dollari all’anno. Un dato che fa riflettere, considerando che al mondo oltre 800 milioni di persone soffrono di malnutrizione. Con l’equivalente del cibo che viene sprecato nel mondo, si potrebbe sfamare un numero di persone quattro volte superiore.

“Donare il cibo invenduto a organizzazioni di volontariato o mense per i poveri è il primo passo per correggere questo crimine verso l’umanità e avere un mondo più equo” si legge nella petizione, pubblicata nel sito Change.org.

Insieme alla legge sul reato di sprechi alimentari, la Francia ha inoltre approvato la realizzazione di programmi educativi nelle scuole primarie.

“Insegnare ai bambini, fin dalla tenera età, che il cibo va rispettato al pari del lavoro di chi lo ha prodotto e che sprecarlo reca un danno non solo economico, ma anche e soprattutto in termini di risorse finite che sono state utilizzate per realizzarlo (acqua, suolo fertile, energia) è un passo senza il quale non possiamo pensare a un futuro diverso”, scrive su La Repubblica Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, no-profit impegnata a “ridare valore al cibo”.

—> Leggi anche la nostra inchiesta: Che fine fa il cibo che non mangiamo? 

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