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Chi era Vittorio Emanuele III, il re le cui spoglie sono rientrate in Italia

Il “re soldato” sostenne l'ascesa al potere di Mussolini e firmò le leggi razziali. La sua salma era tumulata ad Alessandria d'Egitto, dove morì mentre si trovava in esilio

Di Anna Ditta
Pubblicato il 17 Dic. 2017 alle 15:37

Le spoglie di Vittorio Emanuele III, penultimo re d’Italia, sono rientrate nel nostro paese domenica 17 dicembre 2017 da Alessandria d’Egitto, dove l’ex sovrano morì il 28 dicembre 1947, un’anno e mezzo dopo il referendum in cui gli italiani scelsero la repubblica al posto della monarchia.

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I resti del monarca saranno tumulati al santuario di Vicoforte, in provincia di Cuneo, accanto a quelli di sua moglie, la regina Elena del Montenegro. È stato escluso invece il Pantheon di Roma, indicato come il luogo più appropriato per la sepoltura secondo il principe Emanuele Filiberto, bisnipote di Vittorio Emanuele III (al Pantheon sono infatti sepolti altri re di casa Savoia).

Le autorità italiane, a partire dal Quirinale, hanno infatti escluso questa possibilità a causa delle ombre attribuite all’ex sovrano italiano, che appoggiò l’ascesa di Mussolini al potere e firmò le leggi razziali.

Ma chi era Vittorio Emanuele III? E come arrivò all’esilio in Egitto?

L’ascesa al trono del “re soldato”

Nacque l’11 novembre 1869 dal matrimonio di Umberto I di Savoia e di Margherita di Savoia. Suo padre, re Umberto I, fu ucciso il 29 luglio 1900 a Monza ad opera dell’anarchico Gaetano Bresci, e quindi Vittorio Emanuele dovette succedergli quando aveva solo 31 anni.

Il nuovo re era alto un metro e 53 centimetri e non aveva un fisico particolarmente robusto, essendo affetto da una forma precoce di rachitismo.

Nel 1896 Vittorio Emanuele sposò Elena del Montenegro, che gli diede cinque figli tra cui anche un maschio, Umberto.

Tra il 1914 e il 1915, Vittorio Emanuele sostenne inizialmente la posizione neutrale dell’Italia dinanzi al primo conflitto mondiale. La sua posizione era molto meno favorevole del padre alla Triplice Alleanza (di cui l’Italia era parte con Germania ed Impero austro-ungarico). A maggio 1915 Vittorio Emanuele abbandonò l’Alleanza passando a combattere al fianco dell’Intesa di Francia, Regno Unito e Russia, con cui aveva stretto ad aprile dello stesso anno un patto all’insaputa del parlamento.

Questo provocò una crisi parlamentare nel paese, e l’allora presidente del Consiglio Antonio Salandra rimise il suo mandato nelle mani del re. Vittorio Emanuele respinse le dimissioni, e il 23 maggio l’Italia dichiarò guerra all’Alleanza.

Vittorio Emanuele III fu spesso presente al fronte, e per questo si guadagnò il soprannome di “il re soldato”.

Fu dopo la vittoria della guerra, tuttavia, che il re si trovò ad affrontare le sfide più difficili.

L’appoggio a Mussolini e la seconda guerra mondiale

Mentre l’Italia era scossa dalle agitazioni sociali, Vittorio Emanuele commise l’errore di vedere nel fascismo di Benito Mussolini lo strumento attraverso il quale riportare l’ordine nel paese.

Nell’ottobre 1922 le camicie nere marciarono su Roma, e il re rifiutò di firmare lo stato d’assedio proposto dal governo del liberale Luigi Facta, che avrebbe ostacolato la presa di potere degli squadristi. Fu lo stesso Vittorio Emanuele ad affidare a Mussolini l’incarico di formare il nuovo esecutivo, aprendo la via alla cancellazione delle libertà costituzionali.

Da quel momento in poi, il re non fece nulla per fermare la trasformazione dell’Italia in una dittatura, neanche quando il delitto Matteotti nel 1924 mise in crisi il governo di Mussolini.

Vittorio Emanuele sottoscrisse tutte le scelte dei fascisti, incluso lo scioglimento di partiti e sindacati, la soppressione delle libertà individuali e collettive, la guerra coloniale in Etiopia, l’alleanza con Hitler, le leggi razziali, e nel 1940 la dichiarazione di guerra a Regno Unito e alla Francia.

Solo quando l’andamento della guerra divenne evidentemente ostile per l’Italia, il sovrano esautorò il Duce, contro il quale si era espresso il Gran Consiglio del fascismo. Mussolini fu arrestato e il potere fu affidato al maresciallo Pietro Badoglio.

L’armistizio dell”8 settembre 1943 ebbe però conseguenze disastrose sul territorio italiano, dove le truppe tedesche erano ancora massicciamente presenti.

La fine della guerra e l’esilio

Il re e il governo fuggirono a Pescara e poi a Brindisi per non finire nelle mani dei nazisti, ma l’esercito e l’apparato statale furono lasciati allo sbando. Questo danneggiò molto l’immagine di Vittorio Emanuele, che si rifugiò nel sud Italia sotto la tutela degli inglesi e degli americani. Il 5 giugno 1944 Vittorio Emanuele affidò al figlio Umberto la luogotenenza del Regno, rifiutando però di abdicare.

A maggio 1946, un mese prima del referendum in gli italiani furono chiamati a scegliere tra monarchia e repubblica, il re abdicò in favore del figlio Umberto, forse per provare in extremis a influenzare l’esito delle urne. Il 2 giugno, il popolo italiano scelse la repubblica, e così Umberto II fu re soltanto per un mese.

A quel punto, tuttavia, Vittorio Emanuele si trovava già ad Alessandria d’Egitto, dove si era ritirato in esilio trovando accoglienza presso il re egiziano Faruq.

Vittorio Emanuele morì il 28 dicembre 1947, a 78 anni, a causa di una congestione polmonare degenerata in trombosi. La sua salma fu tumulata nella cattedrale cattolica latina di Alessandria d’Egitto.

Tre anni dopo sua moglie Elena scoprì di essere malata di cancro e si trasferì in Francia a Montpellier, dove nel novembre 1952 si sottopose a un difficile intervento chirurgico. Non sopravvisse all’intervento, e morì nella clinica di Saint Cóm il 28 novembre. Fu sepolta in una tomba del cimitero Saint-Lazare a Montpellier.

La questione della sepoltura

Nel 2002 è stata abrogata la norma costituzionale transitoria che proibiva ai Savoia di rientrare in Italia.

Il 17 dicembre 2017 la salma di Vittorio Emanuele III è stata tumulata nel Santuario di Vicoforte, a fianco della moglie Elena, i cui resti sono stati traslati da Montpellier il 15 dicembre dello stesso anno.

La scelta di seppellire lì la coppia di sovrani è stata presa di concerto con i discendenti dei Savoia, dal momento che il santuario di Vicoforte è stato costruito in origine proprio come mausoleo della famiglia reale.

Ciononostante, il bisnipote di Vittorio Emanuele III, Emanuele Filiberto, ha criticato questa decisione, cui aveva preso parte anche sua zia Maria Gabriella.

“La nostra battaglia è sempre stata quella di far tornare le salme degli ex re nell’unico luogo deputato alla loro sepoltura, il Pantheon a Roma. Non in una tomba qualsiasi in Piemonte. La mia bisnonna, l’amata regina Elena seppellita a Cuneo? Mio padre Vittorio Emanuele, capo di Casa Savoia, è rimasto sconvolto dall’iniziativa della sorella Maria Gabriella e soprattutto dai modi della traslazione della salma della regina d’Italia, in gran segreto. Ma perché? Farla tornare adesso di nascosto, quasi fosse stata una terrorista, per noi Savoia è un insulto”, ha detto Emanuele Filiberto.

“Il re che nel 1938 ha firmato le leggi razziali volute dal governo Mussolini ed ha avuto un rapporto molto ambiguo con il fascismo non potrebbe mai essere tumulato al Pantheon. Il rientro della salma in Italia è avvenuto con questa precisa e inevitabile condizione posta dal Quirinale e accettata dalla nipote, Maria Gabriella”, ha specificato invece Aldo Mola, presidente della Consulta dei senatori del Regno, che da anni sta seguendo da vicino tutte le questioni legate al ritorno in Italia dei membri di Casa Savoia.

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