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Genova, l’ipotesi del Fatto Quotidiano: i lavori hanno fatto crollare il ponte

Credit: AFP PHOTO / ANDREA LEONI

Secondo il Fatto Quotidiano, il cedimento dello strallo potrebbe esser dovuto al sovraccarico del carroponte usato per i lavori in corso e sistemato proprio vicino al pilone 9

Di Lara Tomasetta
Pubblicato il 20 Ago. 2018 alle 10:20

“Il cedimento dello strallo potrebbe esser dovuto al sovraccarico del carroponte usato per i lavori in corso e sistemato proprio vicino al pilone 9”: lo rivela un articolo del Fatto Quotidiano che interpella Roberto Ferrazza, presidente della commissione ispettiva del ministero delle Infrastrutture,  sulle cause del crollo del ponte Morandi che il 14 agosto ha causato la morte di 43 persone a Genova.

“La rottura dello strallo può essere stata determinata sia da un comportamento anomalo della trave o dal cedimento delle mensole che tengono gli impalcati. Una eventuale rottura della mensola può aver fatto girare l’impalcato e sovraccaricato lo strallo”.

Gli esperti si sono concentrati ieri anche sul carro ponte che era stato posizionato sul Morandi e che era utilizzato per i lavori in corso. I dirigenti di Autostrade, interpellati dal cronista, però respingono l’ipotesi: “Si tratta di una struttura che pesa poche tonnellate”.

Lo strallo, ricordiamo, è uno dei tiranti trasversali in cemento armato precompresso con un’anima di cavi d’acciao che rinforzano la tenuta del ponte, divenendone parte fondamentale. Partono dalla sommità dell’antenna e la collegano con la carreggiata sospesa. Il termine strallo deriva dall’omonima voce marinaresca.

Resta il fatto che il carro ponte, crollato con il Morandi, era posizionato vicino al pilone 9. I tecnici, invece, escludono categoricamente che la causa del crollo fossero i lavori. Grazie ai primi rilievi si è già ricostruita la dinamica degli eventi: “Il ponte prima si è storto, poi è caduto”, dicono.

Le indagini della commissione e dei pm devono stabilire i motivi del disastro e verificare se siano stati svolti controlli adeguati. L ’attenzione si sta concentrando anche su eventuali carenze della vigilanza affidata allo stesso ministero. 

Ma c’è anche l’inchiesta dell’Espresso che mette in evidenza come le condizioni di degrado del ponte Morandi di Genova erano note da tempo.

È quanto ricostruisce il giornalista Fabrizio Gatti: il verbale – di cui Ferrazza era uno dei firmatari – di una riunione tra il ministero delle Infrastrutture, la Direzione generale di vigilanza e il Provveditorato opere pubbliche e società di gestione dimostra che la gravità della corrosione del viadotto era nota già da febbraio 2018. 

Secondo quanto ricostruito da Gatti, a febbraio 2018 il Provveditorato alle opere pubbliche di Genova ha rilasciato il parere obbligatorio sul progetto di ristrutturazione del ponte Morandi presentato da Autostrade. Almeno sette tecnici, cinque dello Stato e due dell’azienda di gestione, erano a conoscenza  della corrosione del ponte Morandi.

Nel documento finale della riunione, erano state evidenziate le criticità della struttura: già sei mesi fa, era stato sottolineato che la corrosione della pila 9, quella poi crollata, e della pila 10 avevano provocato una riduzione fino al venti per cento dei cavi metallici interni agli stralli, i tiranti di calcestruzzo che sostenevano il sistema bilanciato della struttura.

Inoltre, erano già state espresse criticità sul progetto di rinforzo presentato da Autostrade, in cui erano stati rilevati “alcuni aspetti discutibili per quanto riguarda la stima della resistenza del calcestruzzo”.

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