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Armi chimiche in Italia

La distruzione dell’arsenale di Assad passa anche per la Penisola

Di Emanuele Rossi
Pubblicato il 13 Gen. 2014 alle 14:25

La prima partita di armi chimiche siriane ha lasciato giorni fa il porto di Latakia a bordo del cargo danese “Ark Futura”. L’Opcw non ha rivelato quale percentuale dell’arsenale chimico di Assad è stata finora distrutta, ma a bordo della nave sembrerebbero trovarsi circa una ventina di tonnellate di quelli che vengono definiti “composti critici” – per lo più senape di zolfo – la cui neutralizzazione non può avvenire in loco.

I componenti, secondo il piano messo in atto dall’Organization for the Prohibition of Chemical Weapons, dovrebbero essere trasferiti sulla nave americana MV “Cape Ray” in un porto italiano, per poi essere distrutti in acque internazionali con l’ormai noto processo Field Deployable Hydrolysis Systems.

Le intense battaglie in atto tra le zone di Damasco e Latakia hanno reso problematici i trasferimenti, rallentando le operazioni – che si sarebbero dovute concludere entro il 31 dicembre scorso –, già complicate dalle ovvie difficoltà diplomatiche per cui gli Stati Uniti non avrebbero potuto prelevare direttamente le sostanze.

A preoccupare ulteriormente la comunità internazionale, adesso è proprio il passaggio nel porto italiano. È uscito giorni fa un articolo del “Wall Street Journal” dall’eloquente titolo “Local Opposition in Italy Risks Delaying Syrian Arsenal Destruction”, cioè le resistenze locali in Italia rischiano di ritardare la distruzione dell’arsenale siriano. Nel pezzo si riportano le parole che il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci, ha inserito in una lettera inviata al premier Letta contro la scelta di Cagliari tra i papabili siti in questione: «noi rigettiamo l’ipotesi di Cagliari con rabbia e choc, e la combatteremo in ogni maniera possibile».

Il governo, per bocca del Ministro degli Esteri Emma Bonino, annuncerà giovedì – davanti agli occhi del rappresentante dell’Opcw, invitato per un’audizione – il nome del porto dove savverrà il trasferimento del materiale dalla “Ark Futura” alla “Cape Ray”. Sul tavolo, oltre a Cagliari, le opzioni sono Augusta, Taranto, Gioia Tauro e Brindisi. Anche quest’ultima avrebbe già reso esplicito il suo “no” all’ospitare il cargo, a causa dei «rischi ambientali e dei danni alla reputazione che potrebbero colpire il turismo».

Ma nonostante le opposizioni locali, Roma è intenzionata ad andare avanti, legando la scelta a semplici questioni tecniche – pescaggio e sicurezza ambientale. L’obiettivo è quello di giocare un ruolo centrale nella questione siriana, in un percorso che andrà ben oltre l’appuntamento di Montreux del 22 gennaio – i cosidetti colloqui di pace “Ginevra 2” – e che passerà per l’importante conferenza umanitaria sulla Siria, in programma proprio nella capitale italiana il 3 febbraio.

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