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Io, in viaggio tra gli orfani del mondo per sconfiggere l’amnesia dopo un tumore al cervello

Un’operazione gli ha danneggiato la memoria, lui ha deciso di mettersi al servizio di una buona causa che lo aiuta a ricordare. Il racconto di Andrea Caschetto a TPI

Di Camillo Barone
Pubblicato il 13 Feb. 2017 alle 19:15

Andrea Caschetto ha 26 anni ed è nato e cresciuto a Ragusa, nel sud della Sicilia. A 15 anni, nel 2009, gli è stato diagnosticato un grave tumore al cervello. L’intervento invasivo che ha dovuto subire ha portato con sé una conseguenza significativa: continue amnesie che provocano la perdita della memoria.

A 19 anni gli viene proposto di partire per un viaggio di volontariato di un mese in Sudafrica, per lavorare in un orfanotrofio, e al ritorno in Sicilia scopre qualcosa di singolare.

“Dopo tutti i viaggi compiuti dopo l’intervento al cervello, non riuscivo a ricordare nulla di quello che facevo e che mi capitava”, racconta Andrea a TPI. “Ma stranamente dopo l’esperienza dell’orfanotrofio vissuta in Sudafrica, al mio ritorno riuscivo a ricordare ogni particolare del viaggio, a differenza di tutte le altre esperienze, di cui non ricordavo quasi niente”.

In quel momento Andrea decide di compiere un viaggio in giro per il mondo, alla ricerca di altre decine di orfanotrofi che potessero emozionarlo. Solamente grazie alle immagini forti Andrea riesce a ricordare il proprio passato.

“Intuii che avrei dovuto fare più viaggi possibile, in cerca di persone che avrebbero potuto toccare le mie emozioni, per poi ricordarle”, racconta il giovane di Ragusa. Già Giulio Cesare e Pico della Mirandola utilizzavano le emozioni e le immagini per ricordare le loro esperienze, e anche Andrea ha usato questo metodo su se stesso per mantenere viva la sua memoria, dopo aver frequentato dei corsi speciali.

Da qui inizia il lungo viaggio in giro per gli orfanotrofi di paesi di tutti i cinque continenti, durato in tutto dieci mesi, da febbraio a novembre del 2015. Il primo paese toccato sono stati gli Emirati Arabi Uniti, a Dubai, proseguendo poi per Sri Lanka, India, Nepal, Tailandia, Cambogia, Vietnam, Brasile, Paraguay, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, New York, Etiopia, Uganda, Ruanda e Repubblica Democratica del Congo.

Il budget complessivo è stato di soli 4mila euro, soldi che avrebbe altrimenti speso per le tasse universitarie. Solamente in due casi ha usato l’aereo come mezzo di trasporto e non ha mai alloggiato in alcun albergo, ma ha sempre chiesto ospitalità a famiglie del posto. Tutto questo sempre in totale solitudine.

“Nessuno mi ha mai detto di no”, racconta Caschetto. “Ho sempre trovato porte aperte ovunque chiedessi. È come se non fossi stato mai da solo. Il pericolo dello sconosciuto è qualcosa a cui noi italiani siamo abituati a pensare. Ovunque io sia stato, invece, non c’è la cultura dello straniero che vuole farti del male, ma si è accolti come se fosse qualcosa di naturale”.

A New York e Dubai ha trovato solamente case-famiglia, dove non ha avuto il permesso d’accesso. Lì allora passava il tempo a giocare con i ragazzi trascurati, lungo le strade delle periferie e dei parchi.

“I bambini sono l’esempio vivente dell’uguaglianza fra gli uomini”, spiega Andrea. “I bambini musulmani, cristiani e di ogni etnia incontrati in tutti gli orfanotrofi del mondo erano semplicemente bambini. Ridevano e giocavano tutti allo stesso modo. Mi dispiace molto ascoltare gli stereotipi che circolano sugli africani e sui musulmani, non sopporto la generalizzazione che spesso si fa su questi temi. E viaggiando l’ho scoperto ancora di più in quanto siciliano, quando presentandomi mi sentivo chiamare mafioso ovunque andassi”.

Appena si spostava, cambiando paese, la prima cosa che faceva Andrea era chiedere le indicazioni per gli orfanotrofi. “Era facilissimo arrivarci, soprattutto perché in paesi così poveri gli orfanotrofi rappresentano un grande richiamo di denaro”, racconta il giovane. “Mi sono fatto l’idea che molte persone vogliono sempre più soldi man mano che ne accumulano, come se potessero vivere per 500 anni. Quello che fa più dispiacere è quando di mezzo ci sono i bambini e i tempi lunghi delle infinite attese dei genitori che fanno richiesta di adozione, per non parlare delle adozioni a distanza”.

“Non potrò mai dimenticare un direttore di un orfanotrofio nel Nepal, che aveva un Rolex completamente dorato e un’automobile di un calibro elevatissimo”, Andrea prosegue citando esempi di cattiva gestione di numerosi orfanotrofi che ha frequentato. “E i bambini che vivevano in quello stesso orfanotrofio non possedevano nulla, passavano le loro notti abbandonati a loro stessi, senza alcun educatore o vigilante.” In quell’occasione ha girato anche una video-denuncia, che poi non ha avuto eco a causa del terremoto apocalittico che colpì Katmandu.

“Anche in Africa ho assistito a scenari ancora più raccapriccianti. Ma un consiglio che posso dare a chi leggerà questa intervista è di donare soldi solamente agli orfanotrofi di cui si ha fiducia”, si raccomanda Andrea. “E soprattutto bisogna sapere che gli unici orfanotrofi di cui ci si può fidare sono quelli in cui i bambini possono studiare, vestirsi in modo dignitoso e soprattutto non fare la fame. E fortunatamente ne ho visti parecchi di questo genere. In poche parole gli orfanotrofi migliori sono quelli in cui i soldi vengono gestiti in modo giusto e trasparente, e dove vengono spesi esclusivamente per il benessere dei bambini”.

In numerose occasioni Andrea ha denunciato alle autorità dei luoghi che visitava le scarse condizioni di salute in cui versavano i bambini di alcuni orfanotrofi. Quando vedeva che le cose non andavano bene metteva in atto quello che lui chiamo lo stratagemma del camaleonte. Ossia fingeva di essere qualcuno che possedeva dei fondi da donare agli orfanotrofi per potersi infiltrare e capire meglio come e chi denunciare, e allora riceveva i divieti di accedere a qualsiasi struttura. Fino a quando una volta, in Colombia, è stato vittima di un tentato omicidio da parte di un narcotrafficante. Si salvò perché disse di essere un prete missionario.

A marzo 2016, in occasione della Giornata internazionale della felicità, Andrea Caschetto ha ricevuto un premio d’onore per l’impegno per la pace e per il sociale, e ha tenuto un discorso davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, al palazzo di vetro di New York, dove ha ribadito la necessità di costruire più ponti e meno muri fra le nazioni, e dove ha difeso la causa dei migliaia di migranti che attraversano ogni giorno il Mediterraneo verso la Sicilia.

A fine dicembre 2016, Andrea è ripartito per l’Argentina, dove ha appena incominciato un viaggio su una sedia a rotelle contro la discriminazione dei disabili nel mondo, sempre con lo scopo di vivere emozioni forti che la sua mente possa ricordare.

Qui la pagina Facebook di Andrea Caschetto, dove è possibile seguire i suoi viaggi.

Qui il video del suo discorso alle Nazioni Unite.

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