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Viaggiare da soli fa bene, dovreste provare

Di Iacopo Luzi
Pubblicato il 22 Dic. 2018 alle 16:36 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 11:45

“Non viaggio da solo, perché dove me ne vado tutto solo?”. Quante volte si sente questa frase: spesso la diciamo anche a noi stessi, quando magari si vorrebbe andare in un posto, ma nessuno vuole venire, o quando, sul più bello, sorgono mille problemi e ci ritroviamo con quel desiderio di muoversi, che, alla fine, non va da nessuna parte.

I motivi che impediscono alle persone di viaggiare da soli sono parecchi e abbastanza vari ma, basandomi sulla mia esperienza personale, parlando con amici e conoscenti, le ragioni/giustificazioni più comuni, secondo me, sono tre. Proverò a descriverle e confutarle, per quanto non si tratti di nulla di scientifico, anzi…

1. La paura di andare

Viaggiare da soli può sembrare pericoloso, qualche volta lo è senz’altro, e prendere e andare, specie se si va in qualche posto nuovo e sconosciuto, può causare ansia, timori, dubbi. Tutti ottimi alibi per star a casa.

Ovviamente è lecito provare tutto ciò, siamo umani, non Indiana Jones, ma spesso e volentieri basta un minimo di preparazione, di studio della meta, per comprendere che la paura è più qualcosa nella nostra testa, che qualcosa di reale. Precisazione: è normale avere delle preoccupazioni, perché non si sa cosa potrà accadere, ma è una paura costruttiva che ci permette di non fare cavolate o di prendere alla leggera le cose.

Detto ciò, ricordo quando me ne andai in Iraq nel 2013, precisamente a Erbil, per un po’ di tempo, tutto solo, in cerca di qualche storia come freelance, tuttavia senza grosso esito. Neanche l’ombra di un amico che si sognasse di venire con me.

Ricordo la paura, terrore puro al principio, di andare da solo in un posto del genere. Eppure, una volta arrivato e preso confidenza con il posto, specie scoprendo che a Erbil vivevano un sacco di italiani e che le persone locali erano più che amabili, tutto cambiò.

Forse la mia meta è stata un po’ estrema, lo ammetto, ma se avessi aspettato la compagnia di qualcuno, non sarei mai e poi mai andato. Ciò che resta valido, qualsiasi posto uno vada, è il fatto che spesso i problemi nascono tutti quando siamo ancora a casa, prima di partire, e spariscono una volta che mettiamo piede in un nuovo posto.

2. La solitudine e la possibile noia

Viaggiare in compagnia è meraviglioso. Non c’è dubbio. Condividere le esperienze, non ha prezzo. Eppure non è sempre possibile. Molte persone temono di intraprendere un viaggio da soli per paura di annoiarsi, di sentirsi da soli, di non sapere cosa fare senza qualcuno vicino.

Eppure, vi confesserò, che non mi sono mai sentito così libero, così in armonia, come quando ho viaggiato in solitudine. Fermarmi dove voglio e quando voglio, mangiare dove mi pare, alla ora che preferisco, spendendo quello che voglio senza dover discutere né litigare con nessuno per qualsiasi ragione, visitare un luogo, dormire qualche ora, passare ore intere su una collina solo per fotografare un tramonto, non dover badare o rendere conto a chicchessia. Non dover scendere a compromessi.

In fondo, la nostra vita è interamente, o quasi, fatta di compromessi, quindi qualche volta vale la pena non averli. Potrà sembrare qualcosa di frivolo, ma è una sensazione unica.

Come quando andai a Seattle, girando la città in lungo e in largo da solo, fino a scoprire un sushi bar gestito da giapponesi, che importavano pesce crudo direttamente dal Giappone. Ci passai dentro ore: provai, credo, quasi tutto il menù, e ne uscii felice, consapevole che, molto probabilmente, con un’altra persona al fianco, sì, mi sarei divertito, ma non sarebbe stato lo stesso. Sicuramente, dopo un’oretta, mi avrebbe detto: “Dai, andiamo!”.

Che poi, spesso, uno viaggia da solo all’inizio, e poi lentamente incontra altre persone, specie dormendo negli ostelli, e alla fine ti ritrovi a fare gruppo con persone assolutamente improbabili, che mai avresti pensato di incontrare.

Come quando andai alle Hawaii, dove arrivai da solo e me ne andai che avevo fatto amicizia con argentini, messicani, vietnamiti, inglesi. E gente tutta di età diverse, con vite assurde, unite e accomunate solo perché il destino ha voluto così: il broker asiatico che è da una vita in vacanza, la ex pornostar di sessant’anni filippina che ora vuole visitare il mondo, la ragazza abbandonata sull’altare e desiderosa di ritrovare se stessa, giusto per farvi qualche esempio.

Una banda d’improbabili, tutti accomunati dall’essersi ritrovati, in maggioranza da soli, nello stesso posto e nello stesso momento. Ognuno con la sua storia interessante e la sua vita da condividere che ti fa arricchire in maniera unica, perché ti permette di conoscere dei modi di pensare e vivere completamente diversi dai tuoi.

3. Quello che gli altri potrebbero pensare di noi

Partiamo da una domanda iniziale, e fondamentale: ma che v’importa? Al di là della domanda, spesso le persone trovano difficoltà a viaggiare da soli per paura di quello che gli altri possano pensare di loro, vedendoli a un gate di un aeroporto da soli, o seduti a mangiare senza compagnia, o visitando un museo.

È un po’ la stessa fobia che ci impedisce di andare al cinema senza alcuna compagnia o a una festa da soli. A parte che, spesso, è solo una nostra pura convinzione che le altre persone siano interessate a noi, guardando ciò che facciamo, quando, in realtà, ognuno pensa ai fatti tuoi.

La verità è che accampiamo scuse, giustificazioni, ragioni per autolimitarci e rinunciare a vivere esperienze, solo perché implicano farle da soli. Sarà che è importante saper stare bene da soli e che cercare sempre la compagnia non è un bene, ma c’è una cosa che i viaggi da soli mi hanno insegnato: a conoscermi meglio.

Il fatto di stare spesso in silenzio, soli con se stessi, riflettendo, pensando, svolge un lavoro d’introspezione unico, credetemi. Mentre viaggiavo, avvenivano delle epifanie improvvise e sconvolgenti che mi hanno aiutato a capire tante cose, soprattutto i miei difetti e i miei pregi.

Come quando tornavo da Machu Picchu, in Perù: ero a bordo di un piccolo, e diamine quanto dannatamente costoso, treno che collegava la città di Agua Caliente con Ollantaytambo e, improvvisamente, capii che non era questo il modo in cui volevo viaggiare. In maniera comoda.

Certo il viaggio in treno mi aveva permesso di guadagnare molto tempo, ma compresi anche che, in questa maniera, mi ero perso la bellezza di arrivare a Machu Picchu in escursione. A piedi. Sudando e sgobbando fino alla meta.

Probabilmente, in compagnia, mi sarei solo goduto la gita e non ci avrei neanche lontanamente pensato. Senza contare, poi, che il viaggio ,in generale (ma ancora di più da soli), aiuta in tante cose: fa scomparire i pregiudizi, ci fa diventare più tolleranti e flessibili, e ci permette di capire cosa ci piace, cosa non ci piace, e, qualche volta, ci aiuta ad acquisire consapevolezza sull’importanza dei rapporti che stiamo vivendo e se veramente vale la pena o meno spendersi per codesti.

Conclusione

Viaggiare da soli ci mette alla prova, ci mette di fronte a sfide che mai ci saremo pensati di affrontare in altri contesti, insieme ad altre persone. Dalla lingua, visto che non può fare affidamento su nessun’altro per chiedere le cose, fino alla gestione dei dettagli, che sia il volo o lo spostarsi da un punto all’altro. Nessuna comodità.

Come dice la mia amica Annie Fabbioni, la quale ha ispirato diverse parti di questo mio pezzo: “Ci vuole coraggio, ma una volta che incominci, che rompi il ghiaccio, poi diventa tutto naturale”.

Che poi, non è che una questione di Dna, ossia che c’è chi può e chi non può. Non è vero.

Dipende solo dalla voglia e dalla curiosità e, soprattutto, dallo spirito d’indipendenza che una persona ha. Uno spirito che ci impedisce di dover stare sempre a dipendere dagli altri e aspettare i loro comodi, quando spesso, poi, quando si organizza un viaggio, sorgono mille indecisioni, mille scuse, mille “casini”, senza contare quelli che poi ti danno buca per un piccolo litigio o, peggio ancora, quando è già stato tutto prenotato, magari il giorno prima.

Viaggiare da soli ci obbliga a uscire dalla nostra comfort zone e a metterci in gioco, ci permette di vedere tante cose sotto un’altra prospettiva, un punto di vista differente, facendoci confrontare con l’alterità senza alcun filtro.

Spesso, quando siamo in compagnia, tendiamo a non essere noi stessi per trovare dei compromessi con il proprio compagno di viaggio e fare in modo che il viaggio non divenga un inferno.

E quando si torna a casa, dopo un viaggio da soli, tutto è cambiato. Ci si sente diversi, non tanto fuori, quanto dentro, e ciò che rimane, qualcosa che gli altri non possono comprendere, è un tesoro personale fatto di ricordi, esperienze, momenti che sono soltanto per noi. Nostri e di nessun altro.

“L’uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato”, scriveva Andrej Tarkovskij. E aggiungerei alla frase, “specialmente dopo un viaggio”. Quindi, in conclusione, posso solo affermare con forza una cosa: T’invito a viaggiare da solo. Non te ne pentirai. Credimi.

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