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Quanto è legale la pubblicità degli influencer su Instagram?

In Italia la pubblicità è regolata dal Codice del Consumo e deve essere chiaramente riconoscibile come tale, differenziandosi da altri tipi di comunicazione

Di Laura Melissari
Pubblicato il 25 Lug. 2017 alle 16:30 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 19:44

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) sta cercando di fare chiarezza sul mondo dell’influencer marketing, per troppo tempo rimasto oscuro e sfuggente alle regole.

Il fenomeno consiste nella pubblicazione su blog, vlog e social network di foto, video e commenti di blogger e influencer che mostrano prodotti e brand, facendo loro pubblicità a tutti gli effetti, ma senza dire ai follower che si tratta di “annunci pubblicitari”.

Secondo l’Antitrust è lecito per gli influencer avere contratti pubblicitari con i brand, ma a patto che i post sponsorizzati non possano essere confusi dagli utenti da quelli spontanei.

In Italia la pubblicità è regolata dal Codice del Consumo e deve essere chiaramente riconoscibile come tale, differenziandosi da altri tipi di comunicazione.

È per far uscire i post dei cosiddetti influencer dal mondo della pubblicità occulta che l’Antitrust ha inviato lettere di moral suasion ad alcuni dei principali influencer italiani e ai brandi che si fanno sponsorizzare da questi. Tra i destinatari delle lettere, secondo il quotidiano la Repubblica, ci sarebbero Chiara Ferragni, Fedez, Anna Tatangelo, Belen Rodriguez e Melissa Satta.

Nelle lettere viene evidenziato come il divieto di pubblicità occulta “abbia portata generale e debba, dunque, essere applicato anche con riferimento alle comunicazioni diffuse tramite i social network, non potendo gli influencer lasciar credere di agire in modo spontaneo e disinteressato se, in realtà, stanno promuovendo un brand”.

“Spesso le immagini con brand in evidenza, postate sul profilo personale del personaggio, si alternano ad altre dove non compare alcun marchio, in un flusso di immagini che danno l’impressione di una narrazione privata della propria quotidianità”, si legge sulla nota dell’Agcm.

“Le immagini, infatti, talvolta, rappresentano un ambiente domestico e sono realizzate con tecniche fotografiche non ricercate; altre volte, le tipologie di immagini, le pose dei personaggi e l’ambiente assumono lo stile di un set fotografico. L’evidenza data ai marchi può variare in intensità e modalità, in quanto le tipologie di post e personaggi si presentano molto eterogenee. In alcuni casi, i nomi dei brand sono citati negli hashtag dei post, in altri casi, sono invece in evidenza nell’immagine. Il post può essere accompagnato da commenti enfatici sul prodotto”.

L’Autorità ha suggerito che, per rendere riconoscibile la finalità promozionale, debbano essere utilizzati hashtag #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento, o, nel caso di fornitura del bene ancorché a titolo gratuito, #prodottofornitoda, diciture alle quali far sempre seguire il nome del marchio.

Il Codice del consumo è entrato in vigore nel 2005. Si tratta del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 recante il riassetto della normativa posta a tutela del consumatore. Viene sancito il diritto del consumatore a una “adeguata informazione e ad una corretta pubblicità”.

A giugno era passato alla Camera, con 218 voti favorevoli, il ddl concorrenza. Un ordine del giorno impegna il Parlamento a chiedere al governo di “valutare l’opportunità di un intervento a livello legislativo affinché l’attività dei web influencer sia regolata, permettendo ai consumatori di identificare in modo univoco quali interventi realizzati all’interno della rete internet costituiscano sponsorizzazione”.

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