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“Il Pd è il partito dell’establishment, la satira se la tira da solo. Con Salvini è più difficile”: Osho si confessa

Il fumettista romano Federico Palmaroli risponde alle domande di Luca Telese su come è nato il fenomeno "Osho"

Di Cristiana Mastronicola
Pubblicato il 14 Gen. 2019 alle 14:54 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 08:59

In pochi conoscono Federico Palmaroli, ma tutto il web impazzisce per il suo alter ego: Osho. In un’intervista di Luca Telese al quotidiano La Verità, il vignettista romano si racconta e spiega come nasce il suo personaggio, che con la sua pungente satira punzecchia la politica.

Il nome del suo personaggio, come è facile intuire, deriva da quello del celebre santone e filosofo indiano Osho Rajneesh, che ha dato vita a una setta diffusa in tutto il mondo. La congrega italiana, spiega Palmaroli, non ha apprezzato la simpatia del fumettista e così gli ha fatto causa, costringendolo a ritirare dal mercato ben tre libri, di cui uno pubblicato con Rizzoli.

“Per loro ero un apostata”, continua Palmaroli, che spiega come la congrega abbia tentato in tutti i modi di fargli chiudere gli account social: “La pagina Instagram sono riusciti a bloccarla”, mentre quella Facebook, che conta quasi un milione di like, “è salva per miracolo”. Non volevano che usasse la foto del “maestro”: “Ho cancellato tutta la gallery, fotogramma per fotogramma, in una notte. Credo di essere arrivato prima di loro per pochi minuti”.

Nessun odio per la setta: “Dovrei quasi ringraziarli”, spiega il fumettista, visto che il fenomeno è partito proprio con i commenti ironici: “Le prime vignette erano tormentoni di costume nate dall’icona del santone”.

La politica è arrivata dopo: “Facevo qualche incursione episodica. Poi, dopo la battaglia contro la congrega, mi sono concentrato solo su quella. Un successo”.

Ma come funziona? “Frugo nella rete, mi sintonizzo sui temi di tendenza e poi la fotografia che mi chiama la battuta arriva”, spiega il vignettista. Un esempio: Emmanuel Macron e i gilet gialli. “Mi ritrovo questa immagine fantastica di Macron che sceso da un aereo dà la mano a un aeroportuale con il gilet giallo. La battuta era già scritta”, continua il fumettista: “Tacci tua m’hai fatto pja ‘n corpo!”.

Nella vita, però, quella delle vignette è un passatempo per Palmaroli, laureato in giurisprudenza lavora oggi in una società di intermediazione. “Graned culo”, confessa: “Sono pagato bene ed è un lavoro gratificante”.

La vena satirica l’ha sempre avuta: “Da piccolo, al liceo, aggiornavo regolarmente un quadernino con una sorta di vademecum di banalità rituali sentite dagli adulti”. Tipo, una frase che andava molto di moda, era: “Sarà colpa dello stress”, come risposta a qualsiasi problema.

Capisaldi nella formazione di Palmaroli sono L’aereo più pazzo del mondo, ma anche Frankestein Jr. Adora anche Renato Pozzetto e preferisce i fratelli Guzzanti a Zerocalcare. usare le foto per i meme non è una scorciatoia, per Osho. Anzi, “alle volte invidio chi usa le vignette: sarebbe molto più facile poter piegare l’immagine a quel che vuoi dire”, spiega.

Eppure la foto ha il suo perché: “Mi piace l’idea di prendere spunto dalla realtà: il massimo del vincolo, l’immagine vera, più il massimo della fantasia, la battuta inventata”. Un esempio è il meme di Maria Elena Boschi che punta il dito contro il governo per il salvataggio di Banca Carige: “Un po’ mi infastidiva che Maria Elena Boschi facesse la morale sulle banche dopo quello che era successo con Banca Etruria”, spiega Palmaroli.

“Cerco, cerco, cerco e trovo quella foto da Porta a Porta con quella faccia un po’ da matta”. “La foto era bellissima. Quella espressione di stupore… Ho chiuso gli occhi e la battuta è venuta da sé”, aggiunge il vignettista.

Il meme di Osho su Maria Elena Boschi. Credit: Facebook/Osho

Alle accuse di fascismo, Osho risponde: “Me ne dicono di tutti i colori. Su Twitter, se qualcuno ride alle mie battute, ci aggiungono sotto: ‘Ma lo sai che è fasho?'”. Di sinistra certo non è, spiega lo stesso Palmaroli. Per un certo periodo, come ha confessato in un’intervista a La Repubblica, non è andato a votare e una volta ha anche votato Msi. Nel 1993 si ritrovò a una manifestazione di Gianfranco Fini, in piazza del Popolo, contro Tangentopoli.

“Le vignette di Osho andrebbero lette a testa in giù”, dice il giornalista a Palmaroli riportando una battuta che gira sul web: “Forse dovrei indignarmi, ma questa mi fa ridere, lo ammetto”, risponde. Allora un po’ fasho Osho lo è? “Per me quella manifestazione rappresenta la fine della prima repubblica. Il mio era un voto di protesta, non di appartenenza. Un po’ come ho fatto con Virginia Raggi”.

Nonostante sia uno dei suoi bersagli preferiti: “La mia satira non si ferma se ho delle simpatie”. Come è successo con Paolo Gentiloni, che ha anche incontrato a Palazzo Chigi. L’incontro è stato “combinato” da Filippo Sensi, portavoce dell’allora premier: “Ha capito che Osho su Gentiloni era un must. Non so se dovrei dirlo, ma avendo imparato a conoscere come lavoro, talvolta mi mandava persino lui delle foto particolari… per ispirarmi!”.

L’incontro è avvenuto poco dopo la pubblicazione di un meme passato alla storia, quello di Gentiloni fuori da un Autogrill, con la faccia “furba”: “era perfetta per scrivere ‘I ringo comunque me li sono inculati'”, dice il fumettista.

Una critica che viene mossa a Osho è quella di continuare ad attaccare il Pd, nonostante non navighi proprio in buone acque: “Il Pd è il partito del potere, è il partito dell’establishment, quindi la satira se la chiama”. Mentre, confessa la mente di Osho, che è più difficile fare parodia di soggetti già estremamente social come Matteo Salvini e Luigi Di Maio.

Credit: Facebook/Osho

Però Palmaroli ricorda uno dei rari meme di Salvini: una donna porge un bambino di colore al ministro dell’Interno. “Lui allungava una mano un po’ incerto e… mi è venuto di attribuirgli questo timore: ‘Morde?'”.

Bisogna stare attenti, però, perché Facebook è particolarmente attento alle fasce protette. Per il meme di un gruppo di rom che rovista nei cassonetti e scrive “C’è la stessa roba di un mese fa”, Osho ha ricevuto un richiamo ufficiale dal social network: “È la prima volta che devo intervenire su una battuta così razzista”, si leggeva. In realtà la satira aveva come bersaglio la Raggi e la gestione dell’immondizia.

Il meme sui rom. Credit: Facebook/Osho

Ma Osho rivendica il diritto di prendere in giro tutti. La prima vignetta è del 2015, quando trova il sito “Le più belle frasi di Osho”, quello vero, il santone. Scatta un istinto irrefrenabile: “Romanizzare Osho”. Nel 2017 ha addirittura vinto il premio per la satira politica a Forte dei Marmi.

Palmaroli riconosce la potenza del web, determinante per il suo successo. Adesso scrivendo Osho su Google vengono fuori più le sue vignette che le foto del saggio. Poi è arrivata anche la collaborazione con Il Tempo, che ha accresciuto ancor di più la fama dell’alter ego di Palmaroli. Come dovrebbe essere ricordato Osho? “Se domani dicessero le stesse cose di me, sarei felice”.

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