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    Gli Stati Uniti negano 300 milioni di dollari di aiuti all’Egitto per la mancanza di democrazia nel paese

    Credit: Reuters

    Il governo statunitense, ogni anno, è tenuto a trattenere il 15 per cento degli 1,3 miliardi di dollari di aiuti militari forniti all'Egitto a meno che non sia certificato l'impegno del Cairo nel promuovere i diritti umani e la democrazia nel paese

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 23 Ago. 2017 alle 09:20 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:03

    Gli Stati Uniti hanno deciso di negare temporaneamente all’Egitto oltre 95 milioni di dollari di aiuti e di posticipare il pagamento di altri 195 milioni a causa dei mancati progressi nel rispetto dei diritti umani e delle libertà civili nel paese.

    L’amministrazione statunitense ha infatti deciso di rinviare la consegna al regime del Cairo di oltre 65 milioni di dollari di finanziamenti militari per il 2017 e di 30 milioni di dollari di aiuti economici per il 2016. Il rinvio significa che questi fondi saranno al momento utilizzati per altri scopi e non andranno all’Egitto.

    Inoltre, Washington ha scelto di trattenere per il momento quasi 195 milioni di dollari di finanziamenti militari previsti per il 2016, la cui erogazione doveva avvenire entro il 30 settembre 2017.

    Secondo la legge statunitense, il governo federale ogni anno è tenuto a trattenere il 15 per cento degli 1,3 miliardi di dollari di aiuti militari forniti all’Egitto a meno che non sia certificato l’impegno del Cairo nel promuovere i diritti umani e la democrazia nel paese.

    Tuttavia, l’amministrazione del presidente Trump può comunque evitare questo obbligo legale per ragioni di sicurezza nazionale, erogando comunque i fondi. Quest’anno però, Washington ha deciso di non certificare i progressi egiziani in materia di diritti, scegliendo così di trattenere i 195 milioni di dollari di finanziamenti militari.

    Quei fondi saranno ora accreditati su un conto che resta nelle disponibilità dell’amministrazione statunitense in attesa di un miglioramento del rispetto delle libertà civili nel paese africano. Dunque l’Egitto potrebbe ancora ottenere questo denaro, ma solo se si impegnerà nel promuovere i diritti umani e la democrazia nel paese.

    Queste decisioni riflettono il desiderio degli Stati Uniti di continuare a cooperare con il regime del generale Abdel Fatah al-Sisi in materia di sicurezza, ma sottolineano anche come gli aiuti da parte di Washington siano condizionati al rispetto delle libertà civili da parte del Cairo.

    In particolare, è finita sotto i riflettori dei diplomatici statunitensi la nuova legge egiziana che disciplina il comportamento delle organizzazioni non governative, considerata un ulteriore passo verso la repressione del dissenso da parte del regime.

    Washington non ha gradito la decisione del presidente al-Sisi di consentire l’entrata in vigore di questa norma a maggio. I gruppi per i diritti umani attivi nel paese africano avevano già criticato il generale e affermato come questa legge avrebbe impedito il loro lavoro e reso più difficile per gli attivisti operare in sicurezza.

    I funzionari egiziani avevano in realtà assicurato l’amministrazione statunitense che questa norma non sarebbe stata approvata. La legge limita infatti l’attività della Ong egiziane, introducendo condanne al carcere fino a cinque anni per quegli attivisti che non rispettino le norme liberticide imposte dal regime.

    I legislatori egiziani considerano comunque la legge sulle Ong come necessaria per proteggere la sicurezza nazionale. Il governo egiziano accusa infatti i gruppi di attivisti per i diritti umani di raccogliere fondi dall’estero non per promuovere la democrazia ma per creare il caos nel paese.

    Da parte loro, le Ong accusano invece il regime di aver cancellato tutte le libertà conquistate dal popolo egiziano durante le proteste del 2011 che hanno messo fine a 30 anni di autoritarismo dell’ex presidente Hosni Mubarak.

    Dal colpo di stato del 2013 che ha abbattuto il governo appoggiato dai Fratelli Musulmani e presieduto da Mohammed Morsi, il regime di al-Sisi ha incarcerato migliaia di persone, tra cui molti attivisti che avevano preso parte alla primavera egiziana.

    Nel paese africano esiste infatti una legge che richiede l’autorizzazione da parte del Ministero dell’Interno per ogni incontro pubblico a cui sono presenti più di 10 persone.

    La reazione dell’Egitto non si è fatta attendere. “Questa misura riflette un pessimo giudizio del rapporto strategico che lega Egitto e Stati Uniti da decenni e rivela una visione che manca di una precisa comprensione dell’importanza di sostenere la stabilità dell’Egitto”, ha detto Sameh Hassan Shoukry, ministro degli Esteri del paese africano, criticando la decisione dell’amministrazione statunitense.

    Intanto il ministero guidato da Shoukry ha fatto anche sapere che sarà cancellata l’incontro tra il politico egiziano e il genero del presidente degli Stati Uniti nonché suo consigliere particolare, Jared Kushner, attualmente in visita nel paese africano. Al momento né la Casa Bianca né il Dipartimento di Stato statunitense hanno voluto commentare.

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