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    Le università britanniche contro la Brexit

    In una lettera al quotidiano inglese Independent, 103 rettori e vicerettori di università del Regno Unito hanno dichiarato il loro sostegno alla campagna per il remain

    Di TPI
    Pubblicato il 22 Giu. 2016 alle 14:53 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 00:15

    In una lettera al quotidiano inglese Independent, 103 rettori e vicerettori di istituti universitari dell’intero Regno Unito hanno dichiarato il loro sostegno alla campagna remain. Ritengono infatti che l’uscita dall’Ue influenzerebbe negativamente il sistema universitario, importante pilastro dell’economia nazionale.

    Secondo i dati contenuti nel testo, le università britanniche portano oltre 73 miliardi di sterline all’anno nelle casse del paese e di questi, quasi 4 miliardi vengono generati da studenti provenienti dagli altri membri dell’Unione. I loro numeri sono cresciuti costantemente negli ultimi anni, nonostante la retta per gli europei, uguale a quella dei nazionali britannici, sia aumentata considerevolmente nel 2012 (in Inghilterra e Galles, è triplicata da 3000 a 9000 sterline).

    Brexit comporterebbe un ulteriore aumento delle tasse universitarie per gli europei e questo potrebbe scoraggiare le iscrizioni. Il settore garantisce anche circa 380.000 posti di lavoro, promuovendo l’occupazione a livello nazionale.

    Inoltre, questi istituti accademici all’avanguardia possono permettersi progetti di ricerca ed innovazione nei campi della medicina e dell’ambiente, che potenzialmente potrebbero migliorare la vita di tutti. Ciò non sarebbe realizzabile senza il grande contributo finanziario dei fondi dell’Unione.

    Uscire dall’Europa significherebbe esercitare un’attrattiva minore sulle giovani menti del continente, autoescludendosi da questo mercato di idee e denaro.

    Il Regno Unito perderebbe la sua posizione di faro per la ricerca scientifica e le università stesse ci rimetteranno molti soldi. Votare per Brexit significa dunque “limitare le opportunità per i cittadini britannici”.

    La lettera è firmata dai dirigenti dei maggiori atenei dello stato, tra cui Oxford, Cambridge, London School of Economics ed Edimburgo. 

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