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    Un esempio di integrazione

    La cittadina francese di Roubaix ha fatto dell'integrazione la sua bandiera, accogliendo oltre 20 mila musulmani

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 6 Ago. 2013 alle 12:31 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 01:56

    In un Paese in cui indossare il velo integrale è vietato dalla legge e molti musulmani dicono di sentirsi degli estranei, Roubaix rappresenta un interessante esperimento di multiculturalismo. La piccola città, nel nordest della Francia, ha deciso di aprire alla comunità musulmana, facendo della diversità il suo punto di forza.

    Dei 100 mila abitanti di Roubaix, il 20 per cento sono musulmani. Si tratta di una delle percentuali più elevate nel Paese, tenendo conto che la presenza dei musulmani in tutta la Francia è pari all’8 per cento della popolazione nazionale.

    Uno dei principali quartieri musulmani, L’Epeule, è a pochi isolati dalla piazza centrale, ed è parte integrante della vita della città. La strada è fiancheggiata da macellerie halal e la libreria Safir fa ottime offerte sul Corano.

    La città conta sei moschee, più una in costruzione, ed è stata disposta la nomina di un religioso musulmano in ospedale. Tre aree del cimitero sono riservate alla minoranza islamica, una rarità in Francia.

    Per discutere su come affrontare le esigenze dei cittadini, il sindaco ha costituito un consorzio che include un rappresentante di ogni gruppo religioso, insieme al rappresentante di un gruppo che sostiene una concezione strettamente laica dello Stato.

    Il livello di integrazione raggiunto non è – come si potrebbe pensare – direttamente collegabile al livello di benessere della cittadina. A Roubaix si registra il peggiore tasso di disoccupazione nel Paese – il 22 per cento – con un picco per quanto riguarda i giovani e quasi la metà delle famiglie sono sotto la soglia della povertà.

    “Roubaix è rappresentativa di come si possa vivere in armonia, per quanto riguarda l’immigrazione” ha detto Muhammed Henniche, segretario generale dell’Unione delle associazioni musulmane di Seine-Saint-Denis, sobborgo parigino. Le ragioni di tale scelta sarebbero da ricercare nella lunga storia di immigrazione della città, che in passato ha accolto anche buddisti dell’Asia meridionale e altri gruppi religiosi.

    “Guardando alle statistiche emerge che in due o tre generazioni tutta la Francia sarà come Roubaix.” ha pronosticato Bertrand Moreau, portavoce dell’ufficio del sindaco, spiegando come la cittadina rappresenti un laboratorio dove è possibile sperimentare come andranno le cose.

    La domanda è se questo approccio multiculturale potrà diventare un modello per le altre città francesi o resterà un’eccezione. Questa estate a Trappes, nella periferia di Parigi, uno scontro tra la polizia e una donna che indossava il niqab è sfociato in violenza, e sempre a Parigi il sindaco ha rifiutato la richiesta di un musulmano per una stanza da usare per la preghiera durante il Ramadan.

    Sliman Taleb-Ahmed, presidente dell’associazione delle istituzioni musulmane a Roubaix, spera che l’esempio della sua città non resti un caso isolato: “Il nostro filo conduttore è quello di vivere insieme, e c’è una immagine che vogliamo dare alla comunità musulmana. Siamo cittadini francesi prima di tutto, ancora prima dell’aspetto religioso”.

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