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    La Commissione europea valuta procedura d’infrazione contro la Polonia per le “zone senza ideologia Lgbt”

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 29 Giu. 2021 alle 19:25

    La Commissione europea sta esaminando la possibilità di aprire una procedura d’infrazione contro la Polonia per le “zone senza ideologia Lgbt” decretate da alcuni enti locali, che hanno già portato Bruxelles a rifiutare loro i sussidi. Lo rendono noto fonti europee citate da Afp.

    La Commissione, in quanto custode dei trattati, può avviare procedimenti d’infrazione contro un Paese in caso di violazione del diritto dell’Ue. Il processo, che prevede diverse fasi e può durare diversi anni, può portare a un deferimento alla Corte di giustizia dell’Ue e arrivare fino a sanzioni pecuniarie.

    Dal 2019, circa 100 autorità locali in Polonia hanno adottato una risoluzione sull'”ideologia anti-Lgbt” o una “carta dei diritti della famiglia”. Rappresentano circa un terzo del territorio della Polonia e si trovano principalmente nel sud-est e nell’est del Paese, tradizionalmente molto cattolico.

    Le decisioni adottate hanno portato la Commissione europea nel luglio 2020 a privare alcuni di questi Comuni di sussidi nell’ambito di un programma di gemellaggio. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, le aveva definite “aree senza umanità” che “non hanno posto” nell’Ue, durante il suo primo discorso sullo stato dell’Unione al Parlamento europeo nel settembre 2020.

    L’11 marzo scorso il Parlamento Europeo ha dichiarato l’Unione Europea una “zona di libertà LGBTIQ”: una misura che mira a proteggere le comunità gay, lesbiche, transgender, intersex e queer e a contrastare le politiche anti-LGBTIQ di alcuni Stati membri, come la Polonia o l’Ungheria. Nel primo paese, dal 2019 più di 100 municipalità si sono dichiarate “LGBT-free zone”.

    La risoluzione è passata con il voto favorevole di 492 membri del Parlamento, 141 contrari e 46 astenuti. Hanno votato contro gli eurodeputati di Lega e Fratelli d’Italia. Il documento dice che i “diritti LGBTIQ sono diritti umani” e si oppone “ai crescenti discorsi d’odio ad opera di autorità pubbliche e funzionari eletti”.

    Il documento non si limita a richiamare esplicitamente Polonia e Ungheria, ma anche altre normative e pratiche discriminatorie in atto nei 27 Stati membri.

    “Sebbene le persone LGBTIQ in Polonia affrontino una discriminazione sistematica, questo è un problema diffuso nell’UE, dove sono stati fatti pochi progressi – o non ne sono stati fatti – nell’alleviare le molestie e la discriminazione persistente”, si legge nel testo approvato dal Parlamento Europeo. Solo due Stati dell’UE – Malta e la Germania – hanno approvato leggi che vietano le “terapie di conversione”, pratiche pseudoscientifiche vogliono cambiare l’orientamento sessuale delle persone

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