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    Twitter censura Trump, ma non i regimi in Cina e Iran

    Credit: Pixabay
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 9 Gen. 2021 alle 15:57 Aggiornato il 9 Gen. 2021 alle 15:59

    Twitter censura Trump, ma non i regimi in Cina e Iran

    Sta suscitando aspre polemiche la decisione di Twitter di chiudere definitivamente il profilo di Donald Trump. Molti commentatori accusano il social network di usare due pesi e due misure: viene censurato il presidente uscente degli Stati Uniti, mentre non si prende alcuna iniziativa, ad esempio, contro l’ayatollah Ali Khamenei, dal cui account sono partiti messaggi che evocavano la distruzione di Israele.

    Perché Twitter ha chiuso il profilo di Trump

    Twitter ha annunciato la chiusura del profilo di Trump nella serata di venerdì 8 gennaio 2021 (quando in Italia era già notte), a poco più di 48 ore dall’assalto al Campidoglio di Washington lanciato dai sostenitori del tycoon in protesta contro i presunti brogli – denunciati dallo stesso Trump ma finora non provati – nelle recenti elezioni presidenziali Usa.

    Proprio mentre era in corso il blitz dei manifestanti – culminato con 5 morti e decine di feriti e arrestati – Twitter aveva bloccato per 12 ore l’account del presidente statunitense. Poi, la decisione di chiudere definitivamente il suo profilo.

    “Dopo aver revisionato i più recenti tweet di @realDonaldTrump e averli contestualizzati, analizzando come vengono recepiti e interpretati su Twitter e fuori, abbiamo deciso di sospendere permanentemente l’account per evitare ulteriori rischi”, si legge nella nota diffusa da Twitter.

    Poco prima dell’annuncio, 350 dipendenti del social network avevano scritto una lettera interna al fondatore, Jake Dorsey, chiedendo di avviare un’indagine per stabilire se i tweet di Trump fossero stati tra i fattori scatenanti dell’assalto al Campidoglio.

    “Nonostante i nostri sforzi di servire esclusivamente il dibatto pubblico, ci siamo trasformati nel megafono di Trump. Aiutandolo ad infiammare la folla responsabile dei fatti del 6 gennaio”, si legge nella lettera.

    Leggi anche: Twitter chiude definitivamente il profilo di Donald Trump

    Twitter nella polemica

    Trump ha risposto utilizzando l’account ufficiale Potus (President of the Unites States), dal quale ha accusato Twitter di “cospirazione” avvertendo: “Siamo in trattative con altri siti. Stiamo valutando la possibilità di costruire una nostra piattaforma”.

    Durissima anche la reazione del figlio di Trump, Donald Junior: gli Usa, ha osservato, “stanno vivendo 1984 di Orwell. La libertà di parola non esiste più in America. È morta con big tech e quello che ne è rimasto è solo per pochi prescelti. È un’assoluta pazzia”.

    E ancora: “L’ayatollah e altri regimi dittatoriali possono avere account Twitter senza problemi nonostante minaccino il genocidio di interi paesi e uccidano gli omosessuali, ma il presidente degli Stati Uniti deve essere sospeso in via permanente. Mao sarebbe orgoglioso”.

    La decisione di Twitter è stata duramente criticata anche da molti esponenti del Partito repubblicano. “Twitter ha sospeso il presidente Trump ma consente ai cinesi di vantarsi del genocidio e all’ayatollah di parlare sulla possibilità di spazzare via Israele dalle cartine geografiche”, fa notare il senatore  Rick Scott. Anche Nikki Haley, ex ambasciatrice all’Onu degli Usa, ha protestato contro la presunta disparità di trattamento di cui sarebbe stato vittima Trump.

    Il New York Post: “Twitter è schierata con i liberal”

    Anche il quotidiano statunitense New York Post, edito dal magnate Rupert Murdoch, critica Twitter. “Alcuni dei tweet di Donald Trump non erano la verità ed erano provocatori, ma lo stesso sono quelli dell’ayatollah Khamenei, il cui account è in rete”, osserva il board editoriale del giornale. “La differenza è che Twitter è guidata da liberal americani, che mettono sotto esame solo un tipo di persona e solo un’area politica”.

    Twitter e i regimi

    Twitter è stato più volte criticato dai dissidenti iraniani e cinesi per consentire ai leader di Iran e Cina di utilizzare la piattaforma per diffondere disinformazione e retorica.

    L’ayatollah Ali Khamenei, ad esempio, in più occasioni ha utilizzato il social network per incitare alla violenza sia verso gli Stati Uniti sia verso l’arci-nemico Israele. “Israele è un tumore maligno che va rimosso e sradicato. E così accadrà” è stato uno dei tweet più controversi della Guida Suprema iraniana.

    In Cina Twitter e Facebook sono bloccati dalla censura, ma alcune articolazioni del regime di Pechino utilizzano Twitter. L’ambasciata cinese in Usa, per esempio, ha fatto propaganda tramite tweet sulla presunta “emancipazione delle donne nella regione autonoma uigura”, dove – come noto – è in atto una durissima repressione nei confronti della comunità locale.

    L’account di People’s Daily, China – uno dei più importanti giornali cinesi, espressione del Partito Comunista – ha utilizzato Twitter per rassicurare sulla situazione dei musulmani nello Xinjiang. E ha sostenuto che “tutte le prove disponibili suggeriscono che il Covid-19 non è iniziato nella Cina centrale a Wuhan, ma potrebbe essere arrivato in Cina attraverso prodotti alimentari congelati importati e il loro imballaggio”.

    Leggi anche: Trump contro Twitter: la “guerra per la verità” che nessuno merita di vincere

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