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    Le preoccupanti conseguenze dell’invasione turca in Siria

    Forze armate turche Credit: AFP

    La Turchia invade la Siria: il più grave rischio riguarda l’Isis, non ancora completamente sconfitto, né in Iraq né in Siria

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 8 Ott. 2019 alle 17:36 Aggiornato il 10 Gen. 2020 alle 20:16

    Le preoccupanti conseguenze dell’invasione della Turchia in Siria

    La Turchia ha annunciato di invadere la Siria dopo il ritiro delle truppe americane. Nel comunicato diffuso domenica sera dalla Casa Bianca si parlava con toni certi di un’invasione turca nel nord della Siria, ma non si specificavano i tempi dell’operazione e la stessa Turchia non ha dato altri dettagli.

    Ma quali sarebbero le conseguenze di questa imminente invasione?

    I confini dell’invasione

    L’esito dell’offensiva dipenderà in parte dai territori coinvolti: non è chiaro infatti se l’operazione riguarderà solo il pezzo di Siria compreso tra Tell Abiad e Ras al Ain, da tempo nelle mire della Turchia, o se coinvolgerà tutti i territori del nord fino ad arrivare ad al Hol, dove si trova un gigantesco campo profughi gestito dai curdi siriani, vicino al confine con la Turchia.

    La precisazione riguardo al confine è fondamentale non solo perché nel secondo caso la Turchia dovrà impiegare più uomini e risorse. Ad al Hol ci sono circa 70mila profughi, tra cui migliaia di familiari di miliziani dell’Isis.

    Secondo l’intelligence statunitense, il campo è diventato nel corso del tempo un luogo piuttosto fertile per la diffusione dell’ideologia dell’Isis e non è chiaro che intenzioni avrà la Turchia se arriverà a prendere il controllo di quel pezzo di Siria. Il problema non riguarda solo il campo di Al Hol, ma anche gli oltre 10mila miliziani dell’Isis in custodia nelle prigioni curde.

    Trump ha annunciato che la Turchia si farà carico di questi miliziani, ma non è chiaro come. Uno dei problemi maggiori potrebbe diventare la gestione dei cosiddetti “foreign fighters”, i combattenti stranieri, che negli ultimi anni sono stati al centro di diverse controversie tra curdi, americani e paesi europei.

    Martin Chulov, giornalista del Guardian, ha scritto che né il Regno Unito né la Francia (due tra i paesi europei con più miliziani dell’Isis), sapevano della decisione di Trump annunciata domenica.

    Il rischio è il ritorno di Daesh

    La conseguenza più rilevante di un’invasione turca nel nordest della Siria riguarda però l’Isis, che non è ancora stato completamente sconfitto, né in Iraq né in Siria. Nonostante da diversi mesi non esista più il Califfato, l’Isis è tornato a organizzarsi in piccole cellule, riattivando le sue reti di finanziamento e ricominciando a reclutare nuovi membri, soprattutto nel campo profughi di Al Hol.

    Michael Weiss, analista ed esperto di Isis, ha scritto sul Daily Beast che il primo effetto immediato di una guerra tra Turchia e curdi siriani sarebbe uno spostamento di miliziani curdi dalle linee più a sud verso quelle più a nord, verso il fronte con i turchi. Il problema è che finora le forze a sud sono servite per impedire il ritorno dell’Isis nelle zone di Raqqa e Deir Ezzor, particolarmente vulnerabili.

    Il rischio è che l’Isis sfrutti il caos che si verrebbe a creare nel nord della Siria per riorganizzarsi e rafforzarsi, in maniera più rapida ed efficiente di quanto non succeda già oggi.

    Il secondo effetto, ha scritto Weiss, sarebbe una rapida sconfitta dei curdi, soprattutto per la mancanza della copertura aerea statunitense, e il rischio di una “pulizia etnica” contro i curdi nei territori riconquistati dalla Turchia.

    L’incoerenza di Trump

    C’è poi un ultimo rischio che il governo statunitense ha deciso di assumersi annunciando il ritiro dei propri soldati dal nordest della Siria: quello di perdere la propria reputazione come alleato affidabile.

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