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    “Fu aggressione sessuale”: Trump condannato a risarcire la scrittrice Jean Carroll

    Di Massimiliano Cassano
    Pubblicato il 10 Mag. 2023 alle 08:54

    Quella di Donald Trump nei confronti della scrittrice Jean Carroll nel 1996 fu una aggressione sessuale: lo ha stabilito la giuria del processo che si è svolto a Manhattan a carico dell’ex presidente Usa, denunciato dalla vittima, all’epoca giornalista del magazine Elle, che aveva raccontato di essere stata palpeggiata nel camerino dei grandi magazzini Bergdorf Goodman, a New York. Il tycoon è stato anche condannato per diffamazione, quando – nel respingere le accuse – aveva detto che la donna “si era inventata tutto” per farsi pubblicità e spingere la vendita del suo libro. La giuria della corte ha ordinato a Trump il pagamento complessivo di cinque milioni di dollari di risarcimento.

    “Non ho assolutamente idea di chi sia questa donna, questo verdetto è una vergogna, una continuazione della più grande caccia alle streghe di tutti i tempi”, ha commentato l’ex presidente sul suo social Truth. Il processo ha avuto un’importante eco mediatica negli Stati Uniti, complice anche il recente annuncio di Trump della sua candidatura per le prossime elezioni presidenziali. Mercoledì sera dovrà difendersi nella sua prima uscita pubblica dopo la sentenza, in un dibattito della Cnn. “Quando ho scritto della violenza, lui ha negato. Ha mentito e ha distrutto la mia reputazione. Sono qui per riprendermi la mia vita”, le parole di Carroll di fronte ai giudici.

    “È stata una sensazione orribile – ha proseguito la scrittrice – ha messo la mano dentro di me e girato il dito”. La giuria non ha creduto alla versione di uno stupro ma ha inquadrato il caso come un’aggressione sessuale. La donna ha intentato la causa lo scorso novembre ai sensi del New York State Adult Survivors Act, un disegno di legge che ha allargato la finestra temporale per le accuse di violenza sessuale. Non essendo un processo penale ma civile, lo standard di prove non è elevato fino “all’oltre ogni ragionevole dubbio” ma basta la “preponderanza”, come in Italia con la formula del “più probabile che no”.

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