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    Trentasei milioni di schiavi

    Nel mondo ci sono 36 milioni di persone ancora ridotte in schiavitù, denuncia il Global Slavery Index del 2014

    Di Redazione TPI
    Pubblicato il 17 Nov. 2014 alle 20:26 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:03

    Sono di ogni età e sesso, lavorano in fabbrica e nelle industrie senza alcun tipo di diritto.

    C’è chi già dalla nascita si ritrova con debiti tramandati di generazione in generazione e chi invece viene catturato e usato come merce di scambio. Nel mondo sono 35 milioni e 800mila le persone ridotte in schiavitù. Di queste, la metà sono concentrate in India, Cina, Pakistan, Uzbekistan e Russia.

    Il Global Slavery Index (Gsi) denuncia che il dato è in aumento del 20 per cento rispetto al 2013 (il risultato di una migliore analisi e non necessariamente il deterioramento delle condizioni a livello globale). Lo studio è stato condotto dalla Ong australiana Walk Free foundation.

    Non solo lavoro forzato, ma anche sfruttamento dei bambini, traffico di esseri umani, impiego dei soldati bambino, matrimoni combinati e prostituzione: la schiavitù riguarda 167 Paesi di tutto il mondo.

    Africa e Asia sono i continenti in cui le vittime di schiavitù sono più numerose. Cinque Paesi concentrano il 61 per cento degli sfruttati: l’India, “in cui esistono ancora forme di schiavitù moderna”, è prima con 14,3 milioni di persone considerate schiave, un numero di poco superiore all’intera popolazione della Grecia.

    Segue la Cina (3.2 milioni), il Pakistan (2,1), Uzbekistan (1,2) e Russia (1,1). Infine, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Indonesia, Bangladesh e Thailandia. Se si analizza la percentuale delle persone ridotte in schiavitù, la Mauritania registra invece la più forte proporzione (4%) rispetto al totale della popolazione. In tutta Europa, secondo l’analisi dell’organizzazione, se ne contano 556 mila. L’Italia (146°posto) conta 11,400 casi di schiavitù.

    Dal rapporto emerge anche che la schiavitù contribuisce alla produzione di 122 tipi di prodotti per 58 Paesi con una stima, fornita dall’International Labour Organization (Ilo), di 120 miliardi di euro l’anno di profitti: dal mercato del pesce thailandese alle miniere di diamanti in Congo, passando per le ragazze indiane che cuciono i palloni da calcio.

    Qui i dati del report in breve.

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