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    Spagna, via i campetti da calcio nelle scuole per rendere meno maschilisti gli istituti

    Credit: Ansa foto
    Di Sofia Gadici
    Pubblicato il 10 Dic. 2021 alle 12:24

    Il governo catalano ha lanciato una proposta che ha provocato molti malumori. Nell’ambito della lotta al maschilismo e alla violenza sulle donne ha suggerito di togliere dalle scuole le porte da calcio. “Una pessima idea” hanno commentato le calciatrici Martens e Putellas, campionesse spagnole.

    L’idea era quella di “rendere scuole meno maschiliste“, ma forse questa non è la strado giusta. “Ricordo bene – ha detto Martens – quand’ero piccola e, durante l’intervallo, giocavo sempre con i miei compagni a calcio. A scuola avevamo un piccolo campetto ed è lì che ho cominciato. E poi, in un momento in cui i ragazzi preferiscono stare davanti al tablet o alla tv, proibire uno sport popolare come il calcio mi sembra una pessima idea. Dovrebbe essere il contrario, dovrebbero fargli capire che giocare all’aria aperta è bello e salutare. Ripeto, una pessima idea avuta nel momento sbagliato, proprio ora che il calcio femminile sta acquisendo sempre più importanza. Quando ero giovane non potevo sognare di diventare una calciatrice professionista perché il calcio femminile quasi non esisteva. Permettiamo, invece, alle ragazze di oggi di continuare a sognare. E molte di loro, proprio come me, hanno cominciato a giocare a scuola”.

    La notizia della proposta governativa è arrivata mentre Alexia Putellas e Lieke Martens venivano premiate da France Football e Tuttosport come migliori calciatrici al mondo.

    Anche Alexia Putellas ha ammesso di aver dato a scuola i primi calci al pallone: “Iniziai nel cortile quando avevo quattro o cinque anni”. La vincitrice del Pallone d’Oro nel suo discorso di ringraziamento ha detto: “Le bimbe devono credere in loro stesse. E se sentono di voler diventare calciatrici devono lottare e lavorare sodo per riuscirci. Sono convinta che sia responsabilità di ognuno di noi fare tutto il possibile per dare a tutti l’opportunità di dedicarsi al calcio a prescindere dal loro luogo di provenienza, da dove siano nati, dal colore della loro pelle o, appunto, dal fatto che siamo uomini o donne”.

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