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    La Siria vuole aderire agli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici

    L'annuncio della delegazione siriana nel primo giorno della conferenza mondiale Onu sul clima a Bonn. Dopo il ritiro dello scorso giugno, adesso gli Stati Uniti rischiano di essere totalmente isolati

    Di Giuseppe Loris Ienco
    Pubblicato il 7 Nov. 2017 alle 18:20 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 00:32

    Nel corso della conferenza mondiale Onu sul clima, i cui lavori si sono aperti il 7 novembre a Bonn, in Germania, la Siria ha dichiarato di voler aderire all’accordo sui cambiamenti climatici firmato a Parigi nel 2015, preparandosi così a lasciare gli Stati Uniti in una posizione totalmente isolata dopo il ritiro annunciato lo scorso giugno dal presidente Donald Trump.

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    Fino a poco tempo fa, Siria e Nicaragua erano le uniche due nazioni al mondo a non aver firmato gli accordi sottoscritti due anni fa da 195 paesi. Il Nicaragua, che inizialmente aveva contestato l’accordo perché considerato troppo debole, ha infine aderito il mese scorso.

    Nonostante la grave crisi in cui il paese versa dall’inizio della violenta guerra civile nel 2011, la delegazione siriana presente a Bonn ha ufficialmente espresso la volontà di voler ridurre le emissioni di gas serra anche se, come ha detto a Reuters il portavoce della Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici e organizzatore del meeting di Bonn Nick Nuttall, Damasco non ha ancora firmato alcun documento.

    Secondo Alden Meyer della Ong Union of Concerned Scientists, “la decisione della Siria mostra la portata del sostegno all’accordo di Parigi”, con sempre più soggetti impegnati ad adottare provvedimenti per limitare l’aumento delle temperature, riconosciuto dagli scienziati come causa principale delle anomalie climatiche degli ultimi anni.

    Trump aveva annunciato l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi lo scorso 1 giugno. Nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca, il presidente statunitense aveva espresso il suo forte dissenso per i benefici che alcuni paesi, tra cui Cina e India, otterrebbero rispetto a Washington dall’introduzione dei provvedimenti previsti.

    “Questo accordo non ha nulla a che vedere con la salvaguardia dell’ambiente, quanto piuttosto con il semplice fatto che alcuni paesi ottengono vantaggi economici a danno degli Stati Uniti”, aveva detto Trump. Tecnicamente, però, l’uscita non sarà effettiva fino al 2020.

    Il summit iniziato oggi a Bonn sarà decisivo per introdurre eventuali modifiche all’accordo e nuove disposizioni volte anche a far fronte alla clamorosa decisione di Trump di pochi mesi fa.

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