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    Silvia Romano è stata vista viva insieme ai suoi rapitori in un villaggio vicino Malindi

    Di Laura Melissari
    Pubblicato il 28 Nov. 2018 alle 13:29 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:47

    La volontaria italiana Silvia Costanza Romano rapita nel villaggio di Chamaka, in Kenya, nella notte tra il 20 e il 21 novembre 2018, è stata vista viva da alcuni abitanti del villaggio di Bombi.

    I residenti hanno raccontato alla polizia di aver visto la ragazza due giorni fa entrare nella foresta con i suoi rapitori, tre uomini già identificati e ora ricercati. Lo riferisce la tv locale Ntv. Il villaggio si trova nel distretto di Kilifi, poco lontano da Malindi.

    I rapitori della volontaria italiana “volevano un riscatto lampo, ma Silvia non aveva soldi né il telefono. Qualcuno allora voleva lasciarla libera, ma gli altri si sono rifiutati”. Lo ha raccontato all’ANSA James, un ragazzo nigeriano testimone del rapimento della ragazza. “Silvia piangeva disperata, urlava ‘aiutatemi’ mentre veniva trascinata via dagli uomini armati. Erano almeno in 4, li abbiamo seguiti ma hanno iniziato a sparare per tenerci lontano. Noi avevamo solo i coltelli”.

    “Se fossero stati Shabaab somali o estremisti islamici avrebbero potuto fare tranquillamente una strage, uccidendo chiunque si fossero trovati davanti”. “La gran parte degli abitanti si trovava nella ‘guest house’ che sorge di fronte alla struttura, una delle poche non di fango nel villaggio, nella quale per anni sono stati ospitati volontari da tutto il mondo. “Bastava tirare una bomba lì” e non un ordigno a dir poco artigianale che hanno fatto esplodere in mezzo alla strada.

    James conferma, assieme al capo villaggio e tanti altri ragazzi, che Chakama “da anni non registrava alcun episodio di violenza. È un posto tranquillo”. Secondo gli abitanti “questo gruppo di criminali affamati di soldi facili ha scelto di colpire nel villaggio”. Secondo i testimoni oculari, il gruppo di rapitori dopo aver trascinato la ragazza a forza via dal villaggio “le ha intimato di pagare un riscatto immediato: le hanno detto di chiamare in Italia e di farsi dare i soldi.

    Ma il telefono era rimasto in casa, e lei non aveva neppure uno spicciolo”. Uno di loro “parlava inglese e traduceva agli altri” e quando hanno capito che non potevano avere i soldi subito “hanno pensato di liberarla, ma alcuni si sono rifiutati dicendo ‘che lo abbiamo fatto a fare allora?’”.

    Qui tutti gli aggiornamenti e la ricostruzione del caso.
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