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    Si sono arresi i ribelli che avevano occupato la stazione di polizia in Armenia

    Durante la crisi degli ostaggi, durata due settimane, hanno perso la vita due agenti di polizia

    Di TPI
    Pubblicato il 31 Lug. 2016 alle 19:55 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 16:14

    Si è risolta nel pomeriggio di domenica 31 luglio la crisi degli ostaggi, iniziata due settimane fa, quando un gruppo armato aveva fatto irruzione in un commissariato di polizia a Ierevan, la capitale dell’Armenia.

    Circa venti ribelli si sono arresi. Ma durante le trattative, dopo che il negoziatore aveva intimato di deporre le armi, un colpo d’arma da fuoco partito dal commissariato ha ucciso un poliziotto che si trovava nel parcheggio antistante.

    I ribelli avevano occupato l’edificio per chiedere il rilascio del leader dell’opposizione Jirayr Sefilyan e le dimissioni del presidente Serzh Sarkysan.

    Tutti gli ostaggi erano stati in precedenza liberati dai ribelli ma, nei giorni precedenti alla resa, un altro agente di polizia era stato ucciso.

    I sostenitori del leader dell’opposizione Sefilyan avevano dichiarato in precedenza la loro intenzione di “cambiare lo stato delle cose in Armenia”, incitando una vera e propria “ribellione armata”.

    Lo scorso ottobre Jirayr Serfilyan e il suo movimento di opposizione, New Armenia, avevano annunciato di voler promuovere e incentivare un processo “di disobbedienza civile e un cambiamento ai vertici del potere”. 

    “Promuovere un passaggio di potere solo attraverso delle elezioni è impossibile: questo può essere raggiunto solo con una ribellione armata del popolo”, ha ribadito Sefilyan nel corso di una manifestazione pubblica, prima del suo arresto. 

    Appello accolto da numerosi cittadini che durante l’ultima settimana sono scesi in strada nella capitale, causando anche scontri con le forze di sicurezza, che hanno arrestato 136 manifestanti. Almeno 56 feriti, tra i quali 28 agenti.

    Il leader dell’opposizione Jirayr Sefilyan è un ex comandante dell’esercito e in passato era stato molto critico nei confronti del governo, colpevole secondo lui di aver gestito in malo modo la crisi con i separatisti della regione del Nagorno-Karabakh, regione autoproclamatasi indipendente che continua a essere un terreno di scontro tra Armenia e Azerbaigian.

    Il Nagorno-Karabakh, anche noto come “lo stato che non c’è”, è una regione non riconosciuta dalla comunità internazionale. Conta circa 150mila abitanti. La popolazione appartiene perlopiù all’etnia armena.

    La regione è stata teatro di ripetuti scontri tra Armenia e Azerbaijan. L’ultimo, lo scorso aprile, in cui sono morti decine di soldati.

    LEGGI ANCHE: LA CITTÀ SPETTRALE DEL NAGORNO-KARABAKH. Reportage dalla Repubblica autoproclamatasi indipendente che continua a essere un terreno di scontro tra Armenia e Azerbaigian

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