Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    Si può davvero morire di dolore per la perdita di una persona cara?

    Secondo uno studio il dolore provocato da un lutto può avere conseguenze, anche gravi, sulla salute del cuore

    Di TPI
    Pubblicato il 30 Dic. 2016 alle 17:50 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:46

    Sono in molti a esserselo chiesto dopo la morte dell’attrice Debbie Reynolds, madre di Carrie Fisher, anche lei attrice, scomparsa il giorno precedente a causa di un arresto cardiaco. Ma è davvero possibile morire di dolore per la scomparsa di un persona cara? 

    Secondo uno studio pubblicato nel 2014 dalla rivista Jama Internal Medicine, il numero di persone che hanno sofferto un arresto cardiaco o un ictus durante il mese posteriore alla morte di una persona cara (50 su 30.447) erano il doppio rispetto a quelle che non stavano affrontando alcun dolore dovuto a un lutto. 

    Il lutto dunque può avere delle conseguenze dirette sulla salute del cuore. Uno dei ricercatori che ha condotto lo studio, dell’Università di Londra, ha rivelato alla BBC come il termine “cuore spezzato” sia comunemente utilizzato dagli studiosi per far riferimento al dolore causato dalla perdita di una persona vicina. 

    Altri la chiamano la “sindrome da cuore spezzato”, conosciuto formalmente con il nome di cardiomiopatia da stress o sindrome di Takotsubo. Si tratta di una condizione temporanea per la quale il muscolo cardiaco subisce un indebolimento istantaneo: il ventricolo sinistro, che pompa il sangue a tutto il corpo, cambia forma. L’anomalia è spesso dovuta a un trauma emotivo, che provoca un forte rilascio di adrenalina e il conseguente indebolimento del tessuto muscolare.

    La maggior parte delle persone si riprende: quando lo stress provocato dall’evento traumatico si allevia, il cuore riacquisisce la propria forma. Nel caso delle persone anziane o malate di cuore, la cardiomiopatia da stress potrebbe portare alla morte. 

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version