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    La scrittrice premio Nobel Svetlana Aleksievic ha annullato un incontro in Ucraina dopo le minacce dei nazionalisti

    Credit: Getty Images

    Il movimento ultranazionalista ucraino Myrotvorets aveva inserito la scrittrice nella lista dei "nemici dell'Ucraina"

    Di Futura D'Aprile
    Pubblicato il 10 Ago. 2018 alle 13:17 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:34

    In video diffuso sulla sua pagina Facebook, la scrittrice e premio Nobel per la letteratura Svetlana Aleksievic ha fatto sapere di essere stata minacciata dai nazionalisti ucraini e di aver annullato l’incontro con i lettori organizzato a Odessa, in Ucraina.

    Il nome della scrittrice infatti è stato inserito nella lista dei “nemici dell’Ucraina” pubblicata sul sito ultranazionalista ucraino Myrotvorets, i Pacificatori, poche ore prima dell’evento organizzato dal Teatro verde di Odessa.

    Secondo quanto riportato sul sito del movimento, Aleksievic è accusata di aver “propagandato la discordia interetnica e manipolato informazioni importanti per la società” in occasione di un discorso tenuto dalla scrittrice a Brooklyn, negli Stati Uniti, nel 2016.

    In seguito, il nome di Svetlana Aleksievic è stato eliminato dalla lista del movimento ultranazionalista ucraino, ma il Teatro e la scrittrice hanno ugualmente preferito annullare l’evento.

    Gli organizzatori hanno fatto sapere di voler “evitare rischi” anche per il pubblico.

    Le accuse mosse dal sito contro la scrittrice sono state definite da Svetlana Aleksievic stessa come “inverosimili”.

    ” “Mia mamma è ucraina, sono nata in Ucraina e ho sempre sentito di essere ucraina… È sempre importante incontrare l’Ucraina”, ha spiegato la scrittrice.

    Aleksievic però ha la cittadinanza bielorussa essendo cresciuta in Bielorussia.

    La scrittrice ha dedicato diversi romanzi all’Ucraina e nel 2014 ha condannato l’annessione della Crimea alla Russia, definendolo un “intervento armato”.

    Uno dei romanzi che hanno reso famosa la scrittrice Aleksievic si intitola “La preghiera di Chernobyl”.

    Il libro racconta di “cani che ululano, cercando di salire sugli autobus, mentre i soldati li spingevano fuori a calci”.

    Le famiglie, con il cuore spezzato, chiedevano pietà ai soldati, implorando di non uccidere i loro cuccioli. Suppliche rimaste inascoltate, poiché furono inviate squadre per sparare agli animali.

    Il romanzo è la ricostruzione non degli avvenimenti, ma dei sentimenti delle persone che vivono a Černobyl.

    “Per tre anni ho viaggiato e fatto domande a persone di professioni, destini, generazioni e temperamenti diversi. Credenti e atei. Contadini e intellettuali. Černobyl’ è il principale contenuto del loro mondo. Ha avvelenato ogni cosa che hanno dentro, e anche attorno, e non solo l’acqua e la terra”, spiega l’autrice.

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