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    L’odissea dei migranti nelle isole greche

    Il numero di rifugiati che approda sulle coste della Grecia è aumentato di sei volte rispetto al 2014. I migranti spesso dormono per strada, senza acqua né cibo

    Di Fernanda Pesce Blazquez
    Pubblicato il 11 Giu. 2015 alle 09:51 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:47

    Mariem, originaria della periferia di Damasco, in Siria, è arrivata nell’isola greca di Kos circa una settimana fa. Era in fuga dalla guerra.

    “Per andare a lavoro, un tragitto di venti minuti, impiegavo più di due ore perché dovevo passare sei controlli, quelli dell’esercito e quelli dei ribelli, dove operavano i cecchini. Lo stesso succedeva al ritorno. La vita era diventata insopportabile: senza luce né acqua, i siriani sono costretti a mangiare erba e foglie di alberi perché non hanno nulla. In Siria non vivevo, ero uno zombie”, racconta Mariem al quotidiano spagnolo El País.

    Come Mariem, decine di migliaia di rifugiati sono arrivati nelle isole greche del mar Egeo – Mitilene, Samos, Leros, Chíos o Kos – dall’inizio di quest’anno. Provengono dalla Siria, dall’Iraq, dall’Eritrea e dall’Afghanistan.

    Secondo le stime della polizia greca, gli sbarchi nelle coste greche sono aumentati del 327 per cento rispetto allo scorso anno. Nei primi mesi del 2015 sono arrivati in Grecia 42mila migranti, la maggior parte richiedenti asilo, secondo i dati dell’UNHCR, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

    Migliaia di persone, arrivate senza un visto regolare, si stanziano nei porti delle isole dell’Egeo, poiché le autorità greche non prestano alcun soccorso. La maggior parte degli aiuti proviene dagli abitanti delle isole, che forniscono loro cibo, vestiti, pannolini o assorbenti.

    Questi migranti fanno parte, insieme a quelli arrivati nelle coste italiane, del gruppo di rifugiati che l’Unione Europea vorrebbe distribuire in altri Paesi membri.

    La maggior parte di queste persone non può permettersi di spendere 30 euro al giorno per una stanza d’albergo. Mariem è stata fortunata e condivide una stanza con altre due ragazze – una di Aleppo e una di Damasco – che l’hanno accompagnata nel viaggio dalla Turchia.

    Di solito però i rifugiati dormono nei parchi o negli edifici abbandonati, senza acqua né luce. Per questo motivo, la Croce Rossa ha portato a Kos tende e coperte, per offrire ai migranti un alloggio temporaneo. Nessuno di loro sa dove andrà a finire, né quale sarà il Paese cui verranno assegnati.

    Mariem vorrebbe raggiungere suo fratello in Olanda, e per farlo dovrà percorrere lunghe tratte, spesso a piedi: attraverserà il nord della Grecia, la Macedonia, la Serbia e l’Ungheria, fino ad arrivare in Olanda. Dovrà spendere come minimo 8000 euro, e chissà quanto tempo, per arrivare alla meta.

    Secondo il Trattato di Dublino II dell’Unione Europea, firmato dalla Grecia e dal resto dei Paesi membri (salvo la Croazia), i migranti devono chiedere asilo nel primo Paese d’arrivo e non possono viaggiare liberamente attraverso l’Europa. Il Regolamento è stato messo in atto per evitare che i richiedenti asilo presentino domande in più Stati membri.  

    La crescita dei flussi migratori e le fallimentari politiche migratorie della Grecia  – uno dei Paesi europei che approva il minor numero di richieste di asilo, solo il due per cento – obbliga i migranti senza un visto regolare a mettersi nelle mani dei trafficanti. Secondo gli esperti, ogni anno il traffico di migranti frutta circa 2.200 milioni di euro all’anno.

    L’articolo è stato originariamente pubblicato qui. Traduzione parziale a cura di Fernanda Pesce Blazquez. 

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