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    Francia, contro la riforma delle pensioni lo sciopero più lungo dal ’68

    Scontri e tensioni in tutto il paese mentre la maggioranza degli elettori sostiene le proteste

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 11 Gen. 2020 alle 13:59 Aggiornato il 11 Gen. 2020 alle 14:01

     

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    Francia, avvocati in sciopero contro la riforma delle pensioni

    La riforma delle pensioni continua a infiammare il dibattito in Francia. Gli scioperi vanno avanti da più di 30 giorni, ma l’ultimo episodio risale a giovedì, quando la visita in Normandia della ministra della giustizia francese, Nicole Belloubet, è stata interrotta dal gesto di protesta di un gruppo di avvocati.

    Il gesto degli avvocati

    Come ha mostrato Ouest-France in un video, i legali hanno gettato le toghe a terra nella sala del Palais de Justice di Caen, proprio ai piedi della ministra.

    Gli avvocati in sciopero lottano per cercare di mantenere il loro regime autonomo, temendo in particolare, come ricordato da Le Monde, il raddoppio dei loro contributi. Uno degli avvocati, citato da AFP, ha dichiarato: “È un gesto forte e simbolico: è un modo per dire al ministro che questa riforma sta uccidendo il mondo della giustizia”.

    Lo sciopero più lungo dal ’68

    È ormai lo sciopero più lungo da 1968: 36 giorni consecutivi per i lavoratori del settore pubblico, la stessa durata delle proteste a scacchiera della Sncf, le ferrovie francesi, di aprile-giugno 2018. Ieri la riforma delle pensioni di Macron ha anche portato i lavoratori francesi in piazza, per la quarta volta dal 5 dicembre, tra tensioni, scontri e qualche interruzione “selvaggia” della fornitura di elettricità.

    L’astensione dal lavoro è quindi ormai andata decisamente oltre lo sciopero di 22 giorni che segnò la fine, nel 1995, della riforma delle pensioni di Alain Juppé (il quale però introdusse alcune delle misure proposte attraverso decreti delegati, le ordonnances).

    La partecipazione, giovedì 9, non è stata in realtà massiccia: sono scese in piazza 1,2 milioni di persone, molte meno del milione e mezzo del 5 dicembre, la soglia che i sindacati intendevano superare.

    Ferrovie e Ratp – le linee metropolitane di Parigi – funzionano ancora a ritmi molto ridotti, ma si stima solo un 32,9 per cento di partecipazione nella Sncf (con un 66 per cento dei macchinisti, in calo dall’85,7 per cento di inizio dicembre) e un 16 per cento nelle scuole (con i sindacati che rivendicano un 40-50 per cento). Molto teatrale la protesta degli avvocati, anch’essi in sciopero, che hanno gettato per terra le loro toghe nei tribunali.

    Il nodo politico è però un altro: due sondaggi pubblicati tra il 5 e il 6 gennaio rivelano che le proteste sono sostenute dal 53-60 per cento dei francesi e bocciate dal 32-38 per cento. Sono numeri che fanno della vicenda una sfida politica cruciale. Anche perché le trattative sono in corso da due anni e il fronte sindacale, con la Cfdt – l’organizzazione con più iscritti – favorevole in via di principio al nuovo sistema più egualitario a favore delle categorie più deboli, si è ricompattato.

    Anche la Confédération française démocratique du travail partecipa ormai alle astensioni dal lavoro per protestare contro l’introduzione a partire dal 2027 di un’età pivot, di equilibrio, a 64 anni – più alta dell’età minima, confermata a 62 anni – che permetterebbe di evitare decurtazioni delle pensioni.

    Solo un passo indietro potrebbe forse, di nuovo, dividere i sindacati, ma verrebbe meno uno dei principali obiettivi della riforma: quello di incentivare carriere più lunghe, in modo da contenere l’aumento del rapporto tra pensionati e attivi destinato a crescere per l’avversa demografia del paese.

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