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    Regno Unito, via libera del Parlamento: elezioni il 12 dicembre

    Il premier britannico Boris Johnson. Credit: EPA/ANDY RAIN
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 29 Ott. 2019 alle 21:38 Aggiornato il 29 Ott. 2019 alle 21:53

    Nel Regno Unito si terranno elezioni anticipate il 12 dicembre 2019. La Camera dei Comuni britannica ha approvato la legge presentata dal governo di Boris Johnson per ottenere la convocazione del voto fra circa cinque settimane e cercare di rompere lo stallo sulla Brexit.

    Dopo la bocciatura di ieri sera, nella votazione di oggi, martedì 29 ottobre, il testo presentato dal premier ha incassato 438 voti a favore e 20 contro, grazie all’ok anche di parte delle opposizioni. L’iter sprint alla camera elettiva è così completato.

    Ora gli ultimi passaggi parlamentari sono previsti in settimana alla Camera dei Lord, poi mancherà solamente la firma della regina (Royal Assent) e lo scioglimento del Parlamento.

    Oggi, nel chiedere la convocazione delle elezioni per il 12 dicembre, Johnson ha usato toni polemici, accusando ancora una volta Parlamento e opposizioni d’aver cercato solo di “procrastinare” la Brexit e di non volere in realtà rispettare il risultato del referendum del 2016, malgrado l’accordo di divorzio da lui raggiunto con Bruxelles per evitare un no deal.

    Il suo avversario Jeremy Corbyn, leader del Partito laburista, si è detto pronto alle elezioni anticipate, sollevato dal fatto che l’ipotesi di una Brexit senza accordo sia ormai fuori dai giochi. Corbyn ha detto di voler andare al voto per mandare a casa “un governo sconsiderato” che fa crescere “l’ingiustizia, la povertà e la disuguaglianza”.

    Secondo i sondaggi, peraltro, la corsa alle elezioni vede in vantaggio Johnson: il suo Partito conservatore è dato al 36 per cento da un’ultima rilevazione dell’istituto Yougov, contro il 23 per cento dei laburisti, il 18 dei liberaldemocratici e il 12 del Brexit Party. In termini di popolarità personale, Johnson viene indicato come il più adatto alla carica di premier dal 43 per cento d’intervistati, con Corbyn secondo al 20 per cento.

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